Cassazione Penale: responsabilità del datore di lavoro di fatto per decesso del lavoratore impegnato nell’esecuzione di lavorazioni abusive

Cassazione Penale, Sez. 4, 28 novembre 2024, n. 43372 – Caduta del muro durante i lavori di ristrutturazione abusivi. Responsabilità del datore di lavoro di fatto del lavoratore deceduto.

 

La Corte d’appello ha confermato la sentenza del Tribunale, con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di anni due e mesi nove di reclusione per omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, ai danni del lavoratore impegnato nella esecuzione di lavorazioni abusive aventi a oggetto l’immobile dell’imputato.
In particolare, si è contestato all’imputato di avere eseguito detti lavori insieme alla vittima, non regolarmente assunta, per realizzare dei fori alla base del muro che separava l’immobile da altro attiguo, senza fornire al lavoratore adeguati presidi, né informazioni sui rischi durante le lavorazioni di scavo del muro, utilizzando cavalletti non conformi, senza allestire opere provvisionali o precauzioni per eliminare il pericolo di caduta dall’alto e senza una previa valutazione della stabilità del muro che crollava, facendo cadere il lavoratore e rovinando addosso al medesimo.
I parenti della vittima avevano dichiarato che il proprio congiunto era stato impegnato, nelle ultime due settimane, nella esecuzione di lavori di ristrutturazione di un vecchio immobile dell’imputato, loro vicino e locatore, il quale lo pagava giornalmente insieme ad altri operai. La Corte del gravame ha richiamato la sentenza appellata, dando conto della ritenuta posizione dell’imputato, quale committente dell’opera e, al tempo stesso, datore di lavoro di fatto della vittima. L’imputato, infatti, si era occupato in prima persona dell’esecuzione dei lavori, della retribuzione dei dipendenti e dell’ordine e pagamento dei materiali, essendo stato sempre presente in cantiere intento a eseguire lavori e sovrintendere agli stessi, sebbene i titoli abilitativi fossero stati rilasciati con l’indicazione di una ditta esecutrice e di un diverso direttore dei lavori, terzi rispetto all’imputato.
In tale duplice veste, allimputato sono stati riconosciuti poteri propri di gestione del rischio inerente al cantiere, ai quali sono state ricondotte le violazioni delle regole cautelari indicate in imputazione.
I giudici territoriali hanno intanto confermato la posizione dell’imputato quale committente e datore di lavoro di fatto della vittima, richiamando le dichiarazioni testimoniali confermative di tale assunto, osservando come le irregolarità riscontrate nel cantiere fossero particolarmente gravi e macroscopiche e come l’imputato fosse stato quotidianamente presente, rilevando che le qualifiche di esecutore e direttore dei lavori in capo a terzi erano state meramente formali e finalizzate all’aspetto amministrativo delle opere e che la ditta formalmente incaricata non aveva fatto alcuna formale comunicazione di inizio lavori. Nessun profilo di abnormità, inoltre, era ravvisabile nella condotta della vittima, atteso che la determinazione di porsi sopra il cavalletto per eseguire lo scavo della parete instabile era esattamente quanto gli era stato richiesto.
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso.

Il ricorso va rigettato.
In termini generali, costituisce approdo interpretativo consolidato che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la previsione dell’art. 299 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, elevando a garante colui che di fatto assume ed esercita i poteri del datore di lavoro, amplia il novero dei soggetti investiti della posizione di garanzia, senza tuttavia escludere, in assenza di delega dei poteri relativi agli obblighi prevenzionistici in favore di un soggetto specifico, la responsabilità del datore di lavoro, che di tali poteri è investito ex lege (Sez. 4, n. 2157 del 23/11/2021, dep. 2022, Baccalini, Rv. 282568 – 01; n. 49732 del 11/11/2014, Canignani, Rv. 261181 – 01). Ciò significa certamente che la qualifica meramente formale di datore di lavoro non vale da sola a esonerare da responsabilità il soggetto che ricopra quella posizione, ma significa anche, per quanto qui di rilievo, che la posizione di datore di lavoro può derivare da una autoinvestitura di fatto, tutte le volte che sia dimostrato l’esercizio in concreto di poteri inerenti alle figure specifiche dei garanti della sicurezza sui luoghi di lavoro, pur senza formale investitura (Sez. 4, n. 30167 del 6/4/2023, Di Rosa, Rv. 284828 – 01).
Ora, muovendo da tale premessa, deve rilevarsi la manifesta infondatezza del ricorso.
Gli argomenti sui quali poggia la censura difensiva, da un lato, riguardano la valutazione del compendio probatorio, anche di natura testimoniale, dal quale i giudici del merito hanno tratto la certezza del ruolo effettivamente svolto dal proprietario e committente dell’opera, quello cioè del soggetto che ha organizzato e diretto il lavoro e sovrainteso a tutte le fasi esecutive di esso, peraltro partecipandovi anche direttamente quale esecutore materiale. Voler affermare che ciò non sia vero in questa sede significa sollecitare alla Corte di legittimità, dopo due gradi di merito, una lettura diversa di quel compendio, senza indicazione di violazioni di legge o vizi della motivazione rilevabili in questa sede (Sez. 3 n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615 – 01) e la rivisitazione del giudizio di merito sostenuto da una congrua, logica e non contraddittoria motivazione (tra le altre, Sez. 3 n. 44418 del 16/7/2013, Argentieri, Rv. 257595 – 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/6/2019, Rv. 277218 – 01). Dall’altro prospettano una violazione di legge, smentita dalla stessa previsione normativa richiamata (art. 299 cit.), oltre che dai principi di diritto sopra esposti.
Da quanto precede, discende dunque la correttezza del giudizio di irrilevanza, in questo giudizio, di quello conclusosi con pronuncia non in merito, avente a oggetto i reati edilizi, non essendovi alcun effetto preclusivo in ordine all’accertamento, ad esito di approfondita istruzione, della posizione di datore di lavoro di fatto ricoperta dall’imputato, anche ove sia confermata la qualifica solo formalmente rivestita da un diverso direttore dei lavori.

Fonte: Olympus.uniurb

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