Cassazione Penale: responsabilità del direttore tecnico e del “capo cantiere” per l’infortunio mortale

Cassazione Penale, Sez. 4, 19 maggio 2017, n. 24923 – Lavori di manutenzione della ringhiera delimitante il passaggio pedonale. Responsabilità del direttore tecnico e del “capo cantiere” per l’infortunio mortale.

La Suprema Corte in questa sentenza si è così espressa: “In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il direttore tecnico ed anche il “capo cantiere” sono titolari di autonome posizioni di garanzia in quanto egualmente destinatari, seppure a distinti livelli di responsabilità, dell’obbligo di dare attuazione alle norme dettate in materia di sicurezza sul lavoro”.

La disciplina della sicurezza del lavoro delinea distinte figure, che incarnano distinte funzioni e distinti livelli di responsabilità. Oltre al datore di lavoro, soggetto che esercita l’attività e che ha la responsabilità della gestione aziendale e pieni poteri decisionali e di spesa, sono infatti individuabili ulteriori livelli di responsabilità. Si tratta della figura del dirigente, che dirige appunto, l’attività produttiva; costui non assume responsabilità inerenti alle scelte gestionali generali, ma ha poteri posti ad un livello inferiore, solitamente rapportati anche all’effettivo potere di spesa. In tale ambito ricostruttivo viene, infine, in rilievo il terzo livello di responsabilità, che è stato individuato nella figura del “preposto” che sovrintende alle attività e che svolge funzioni di supervisione e controllo sulle attività lavorative concretamente svolte. Preme pure osservare che tali posizioni intermedie non propongono questioni afferenti alla delega di funzioni, giacché si tratta di figure direttamente portatrici di un proprio livello di gestione e responsabilità che, per quel che qui interessa, riguarda anche l’organizzazione generale della sicurezza del cantiere.

In sentenza si osserva infine che la vittima commise effettivamente una imprudenza, sporgendosi all’esterno della ringhiera, tanto che si annette a carico della vittima un concorso di colpa, nell’ordine del 20%. E si precisa che l’evento sarebbe certamente stato evitato, se il traffico veicolare fosse stato deviato e l’operaio fosse stato dotato di un trabattello, da collocare proprio sulla corsia di marcia delle auto; ciò in quanto, in tal modo, il lavoratore avrebbe potuto operare in piena sicurezza, su entrambi i lati della ringhiera, oggetto dell’intervento. In particolare, del tutto legittimamente, la Corte di Appello ha rilevato che la colpa del lavoratore era proprio riconducibile alla insufficienza delle cautele antinfortunistiche che, ove adottate, avrebbero neutralizzato il rischio specifico di verificazione di infortuni. Sul punto, i giudici di merito hanno considerato che l’evento era infatti riconducibile all’area di rischio proprio della lavorazione svolta.
In tali termini, la Corte di appello, secondo un percorso argomentativo logicamente conferente, ha censito il tema relativo al contenuto dell’obbligo di vigilanza che grava sui garanti, in caso di condotta colposa del lavoratore.
Il Collegio, come chiarito, ha osservato che la condotta posta in essere dalla vittima risultava imprudente; non di meno, ha escluso il carattere della abnormità, posto che l’azione rientrava nelle mansioni ordinariamente svolte, delle quali costituiva naturale esplicazione.

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