Cassazione Penale, Sez. 4, 22 novembre 2023, n. 46855 – Mortale caduta dall’alto. Responsabilità del preposto.
… E’ risultato congruamente accertato come l’imputato, al momento dei fatti, ricoprisse la qualifica, espressamente assegnatagli dal P.O.S., di preposto, come, altresì, confermato da vari testi escussi. L’imputato, in particolare: aveva il possesso di tutti i documenti relativi ai lavori; aveva ammesso di essere stato nominato responsabile del cantiere; disponeva di un’adeguata competenza tecnica, per aver ricevuto una formazione specifica da parte della società di cui era dipendente; era inquadrato nell’organigramma aziendale all’interno di un ufficio tecnico; era il referente diretto degli operai, al quale – per quanto da essi espressamente dichiarato – riferivano il lavoro svolto e prendevano direttive su quello da espletarsi; aveva fornito ai lavoratori la documentazione relativa al cantiere ed al piano di lavoro; era costantemente aggiornato sullo stato di avanzamento dei lavori, anche direttamente relazionandosi con il committente.
La Corte di appello ha confermato la pronuncia del Tribunale con cui il preposto era stato condannato in ordine al reato di cui all’art. 589 c.p., commi 1 e 2, e art. 61 c.p., n. 3.
L’imputato, in particolare, è stato ritenuto colpevole di avere, nella qualità di preposto, con funzioni di capocantiere, allo svolgimento di lavori di rimozione di di lastre di eternit poste ai copertura di capannoni industriali, cagionato la morte del lavoratore derivata da politraumatismo contusivo produttivo di lesioni cranio-meningo-encefaliche, fratture plurime di rachide e di bacino, sfondamento toracico e contusioni addominali, conseguenti a una caduta del lavoratore da circa 10 metri, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonchè violazione di norme poste a tutela della sicurezza sul lavoro, ed in particolare degli artt. 111, 115 e 148 in relazione al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 18, comma 1, lett. f) e art. 19 in ragione della riscontrata carenza di presidi di sicurezza contro la caduta dall’alto, sia di tipo collettivo (ponteggi, reti di sicurezza, tavole) che individuali (linea vita, cinture di sicurezza). Il preposto è stato, altresì, imputato di aver fatto proseguire i lavori, nelle condizioni indicate, fino alla verificazione del sinistro, nonostante, il giorno precedente, fosse stato informato verbalmente dal responsabile per la sicurezza del cantiere della necessità di sospendere i lavori, stante l’assenza di idonee misure di sicurezza in cantiere contro la caduta dall’alto.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato deducendo, con un unico motivo, manifesta illogicità della motivazione in ordine alla prova dell’avvenuto suo svolgimento delle mansioni di preposto e di capocantiere, altresì eccependo di non aver mai sottoscritto il piano operativo di sicurezza (POS).
Il ricorso è manifestamente infondato e inammissibile.
Fonte: Olympus.uniurb