Segnatamente, si è chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che può escludersi l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento; che, nella materia che occupa, deve considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e che l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili – come avvenuto nel caso di specie – della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica. E preme altresì evidenziare che la Suprema Corte ha chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un’operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, Rv. 236109).
Non sfugge che la Corte regolatrice ha pure considerato che il datore di lavoro che, dopo avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, abbia fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza ed abbia adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore (Sez. 4, Sentenza n. 8883 del 10/02/2016, dep. 03/03/2016, Rv. 266073). Occorre peraltro considerare che, nel caso di specie, le indicazioni emergenti dalla sentenza impugnata conducono ad escludere che il datore di lavoro, titolare della posizione di garanzia, abbia adempiuto a tutte le obbligazioni discendenti sua posizione.
Quanto invece alla posizione del committente, la Corte di Appello ha considerato che in tema di appalto la responsabilità civile del committente può configurarsi solo nel caso in cui costui abbia imposto all’appaltatore le proprie direttive – dalle quali sia derivato il danno a terzi – e si sia ingerito nella esecuzione dell’opera. Posto che, nel caso specifico, doveva escludersi l’esercizio, da parte della Provincia di Catanzaro, anche in via di fatto, di poteri di ingerenza nella sfera dell’appaltatore, la Corte di Appello ha insindacabilmente evidenziato l’insussistenza dei presupposti per la configurabilità della responsabilità civile della parte committente le opere di cui si tratta.