Cassazione Penale: rischio interferenziale, incidente nelle operazioni di pulizia della caldaia di un inceneritore

Cassazione Penale, Sez. 4, 16 maggio 2025, n. 18438 – Grave ustione nel termovalorizzatore. Rischio interferenziale.

 

La Corte di appello, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale, ha riconosciuto la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza con l’aggravante contestata rideterminando la pena irrogata a A, B, C e D.
I ricorrenti, nelle qualità indicate nel capo di imputazione, sono stati ritenuti responsabili dell’infortunio occorso ad un lavoratore E, dipendente di una delle tre società alle quali Società HA che gestiva i termovalorizzatori aveva appaltato le operazioni di pulizia della caldaia della linea 3 dell’inceneritore.
L’infortunio si verificò nel corso delle operazioni di pulizia della caldaia della linea 3 dell’inceneritore, che la Società HA aveva appaltato a tre distinte imprese, ovvero la MOI, BEC e RTS.
La pulizia, svolta ordinariamente ogni due-tre mesi al fine di rimuovere i blocchi di cenere formatisi (capaci di incidere sull’efficienza energetica), veniva eseguita ad impianto in funzione, con le seguenti modalità: 1) BEC, che lavorava al piano più alto (circa 20 metri d’altezza dal suolo), ovvero il livello 1, si occupava delle microesplosioni – innescate inserendo degli esplosivi direttamente nei cicli della caldaia – grazie alle quali la cenere veniva smossa così da poter cadere verso il basso; 2) RTS Energyl, che operava nei due piani sottostanti (livelli 2 e 3), si occupava di controllare il corretto deflusso delle ceneri attraverso la tramoggia; 3) MOI, invece, operava a piano terra, in un’area situata all’esterno dell’impianto, dovendo monitorare il deflusso delle ceneri, guidato da un nastro trasportatore, verso un silo esterno, occupandosi inoltre del suo svuotamento.
Quel pomeriggio E e I, dipendenti della MOI, terminato il turno di lavoro, si allontanarono, portandosi nel container adibito a spogliatoio. J (preposto della MOI) contattò quindi il I chiedendogli, su indicazione di D (preposto della Società HA), di tornare nell’area esterna dove era situato il silo, per verificarne il livello di riempimento, poiché ancora non erano terminate le operazioni di pulizia della caldaia e le ceneri continuavano a defluire.
Dell’esito (positivo) della verifica fu informato il J che successivamente chiamò nuovamente I indicandogli questa volta di recarsi nell’impianto per chiedere personalmente K, dipendente di RTS, che in quel momento non era raggiungibile telefonicamente, se avesse bisogno di qualcosa.
E e I quindi, si recarono nuovamente nell’impianto, al livello 3 della linea 3, dove era presenti K ed un altro dipendente della BEC; a quel punto K chiese a G di andargli a prendere una pala per stasare la cenere rimasta incastrata nella tramoggia posta al livello 2.
Nel tempo in cui il G si procurò la pala, K. aprì con una chiave a pappagallo la portella situata sulla tramoggia. G si recò quindi nuovamente presso l’area di deposito esterna all’inceneritore per prendere l’attrezzo; al rientro nell’impianto, seguì K al livello 2; quest’ultimo, con l’ausilio della pala, provò quindi, a stasare manualmente la cenere.
Quindi, dovendo scendere al livello 3, K lasciando lo sportello aperto, chiese ad E di rimettere dentro la caldaia la cenere che nel frattempo era fuoriuscita, Utilizzando la pala. La persona offesa, consapevole del pericolo e della circostanza che quell’attività non rientrasse nelle sue mansioni, decise di limitarsi a recuperare la pala, appoggiata oltre la portella aperta, ed andarsene; tuttavia, nel momento in cui passò davanti alla portella aperta della cenere ad altissima temperatura si staccò dall’interno della tramoggia e lo travolse, provocandogli una estesa ustione di secondo grado, con prognosi superiore a 40 giorni.
Avverso la sentenza propongono ricorso separatamente gli imputati.

I ricorsi di B, C e D sono infondati e vanno rigettati, mentre il ricorso proposto da A deve essere dichiarato inammissibile.
Nel delineare il concetto di interferenza è stato chiarito che – ai fini di cui all’art. 26, comma 3, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 – il rischio interferenziale è dato dal contatto rischioso tra il personale di imprese diverse operanti nello stesso contesto aziendale e pertanto occorre aver riguardo alla concreta interferenza tra le diverse organizzazioni, che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori (Sez. 4, n. 14179 del 10/12/2020, dep. 2021, Costantino, non mass, sul punto; Sez. 4, n. 1777 del 06/12/2018, dep. 2019, Perano, Rv. 275077 – 01; Sez. 4, n. 9167 del 01/02/2018, Verity, Rv. 273257 – 01; Sez. 4, Carfì, cit.; Sez. 4, n. 44792 del 17/06/2015, Mancini, Rv. 264957 – 01).
Si è, infatti, opportunamente precisato che, non solo il contatto rischioso tra lavoratori di imprese diverse che operano nel medesimo luogo di lavoro, ma anche la coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni genera la posizione di garanzia dei datori di lavoro.
Pertanto, l’interferenza rilevante va intesa in senso funzionale, come interferenza non di soli lavoratori, ma derivante dalla coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni, ciascuna delle quali facente capo a soggetti diversi (in motivazione, Sez. 4, Mancini, cit.).
Facendo corretta applicazione di tali principi, i giudici di merito hanno escluso che l’attività svolta dalla MOI fosse “sganciata” da quella delle altre società coinvolte, quel giorno, nella pulizia.
Si è trattato, infatti, di attività “concatenate e conseguenziali” complessivamente funzionali ad eseguire la pulizia della caldaia, e necessitanti di forme di comunicazione tra i dipendenti delle diverse società, alcuni operanti all’interno dell’impianto, altri all’esterno.
Da un lato, infatti, i dipendenti della MOI dovevano comunicare agli altri lavoratori il superamento del limite di capienza del silo, al fine di fermare le esplosioni o il nastro trasportatore; dall’altro, i dipendenti della BEC erano tenuti a segnalare le micro-esplosioni con una sirena, poiché queste potevano avere delle ripercussioni sull’attività dei lavoratori delle altre società coinvolte nella pulizia.
D’altra parte, il giorno dell’infortunio i dipendenti della MOI (tra cui la persona offesa), si recarono all’interno dell’impianto su sollecitazione del preposto D della Società HA, il quale per il tramite di J aveva chiesto loro di dare supporto, prima verificando il livello del silo, poi recandosi da K al livello 2.
I rischi derivavano, quindi, dalla concatenazione delle lavorazioni: anche il blocco di un “segmento” dell’attività – come accaduto nella specie – finiva per riflettersi sull’attività degli altri, creando la necessità di un intervento, la cui esecuzione non era disciplinata in alcun modo.
Osserva inoltre il Collegio che l’esistenza del rischio interferenziale non necessariamente presuppone la compresenza dei lavoratori delle diverse imprese nel medesimo contesto spaziale o temporale, più o meno ristretto. Sul piano temporale, poi, le attività venivano svolte contemporaneamente o comunque in successione tra loro, in ragione della loro concatenazione nell’unitario procedimento di pulizia.
Come anticipato, in una prospettiva funzionale, l’interferenza rilevante deve essere intesa non solo e non tanto in termini di compresenza dei lavoratori, quanto piuttosto come coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni, le cui attività, come nella specie, convergevano nella esecuzione di un compito unitario.
Sicché, in presenza di rischio interferenziale, il datore di lavoro committente aveva quindi l’obbligo di redigere il DUVRI, ovvero un documento unico, e non invece tre distinti documenti, con ciascuna delle società appaltatrici, e relativi ai diversi compiti assegnati nella attività di pulizia della caldaia.

Fonte: Olympus.uniurb

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