Cassazione Penale, Sez. 4, 21 giugno 2024, n. 24577 – Associazione per delinquere finalizzata ad attuare un sistema illecito di reclutamento e impiego di lavoratori in condizioni di sfruttamento.
La Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha rideterminando la pena dell’imputato ritenendo le condotte di cui al capo 4), quelle di cui al capo 2, limitatamente ai lavoratori irregolari e quella di cui al capo 7) assorbite nel reato di cui all’art. 22 comma 12 e 12 bis, D.Lgs. 286/1998 di cui al capo 5).
L’imputato era stato inizilmente condannato, ad esito di giudizio abbreviato, per i reati di cui all’art. 416 cod. pen. “capo 1), quale capo, promotore e organizzatore di un’associazione finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, nonché favoreggiamento della permanenza di soggetti clandestini e impiego degli stessi attraverso società operanti nel settore edile”; agli artt. 110 e 603 bis, comma 1, n. 2, commi 3 e 4 cod. pen. “capo 2), per avere, quale datore di lavoro, assunto, impiegato e comunque utilizzato decine di lavoratori, in maggior parte privi di regolare contratto e taluni anche di regolare permesso di soggiorno”; agli artt. 110 cod. pen. e 12, comma 5, D.Lgs. n. 286/1998 “capo 4), per aver favorito la condizione di illegalità di lavoratori privi di regolare permesso di soggiorno”; agli artt. 110 cod. pen. e 22, commi 12 e 12-bis, D.Lgs. n. 286/1998 “capo 5), per avere impiegato lavoratori clandestini”; agli artt. 110 e 481 cod. pen. “capo 6), per vere istigato i rappresentanti legali di due società, alla falsa attestazione della partecipazione di alcuni lavoratori ai corsi di formazione generale e specifica”; e agli artt. 110 e 603 bis, comma 1, n. 1, cod. pen. “capo 7), per aver reclutato il lavoratore denunciante per destinarlo al lavoro presso cantieri edili in condizioni di sfruttamento”.
L’indagine aveva preso le mosse dalla denuncia di un lavoratore che si era presentato alla CGIL di Firenze riferendo di essere stato vittima di attività di illecita intermediazione e sfruttamento lavorativo da parte di due connazionali che agivano per conto dell’imputato. L’uomo, sentito a sommarie informazioni, aveva riferito fatti precisi in ordine ai tempi di lavoro; all’assenza di ferie e di rimborsi in caso di malattia; alle modalità di corresponsione della retribuzione, con trattenimento della quota dei contributi previdenziali; alla sistemazione abitativa, il cui costo era detratto dalla paga nella quale non venivano aggiunti gli straordinari, neppure essendo riportato il quantum effettivamente erogato.
Da ciò aveva preso avvio un’attività di intercettazione che confermava le dichiarazioni del lavoratore e faceva emergere, secondo l’ipotesi accusatoria, le figure dei due fratelli, imprenditori-datori di lavoro per due società, quali utilizzatori di manodopera impiegata con modalità espressive dello sfruttamento; e l’acquisizione di documentazione e degli elementi delle banche dati, grazie alla quale si accertava la mancata formalizzazione dei rapporti di lavoro di parte della manodopera o la formalizzazione non coerente con la data effettiva di inizio della prestazione lavorativa, in alcuni casi risultando la formalizzazione del rapporto con imprese terze, ma il loro impiego effettivo alle dipendenze dell’imputato. Molti lavoratori avevano poi confermato a sommarie informazioni testimoniali le modalità di reclutamento, i termini della proposta lavorativa e dell’impiego di fatto.
Dall’insieme di tali elementi era emerso, secondo i giudici del doppio grado, il ruolo apicale dell’imputato al quale si è contestato, nella qualità di datore di lavoro formale e di fatto di numerosi lavoratori, anche irregolari sul territorio, di avere diretto e promosso un’associazione per delinquere finalizzata ad attuare uno stabile sistema illecito di reclutamento e impiego di lavoratori in condizioni di sfruttamento, in alcuni casi essendo stato falsamente attestato l’adempimento dei relativi obblighi formativi. L’imputato aveva svolto compiti datoriali rispetto alle maestranze, trattato con i clienti, procurato il lavoro presso i vari cantieri, commissionato il reclutamento, occupandosi del pagamento degli operai e della risoluzione delle controversie, altresì impartendo direttive agli operai.
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso.
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
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Fonte: Olympus.uniurb