Cassazione: responsabilità venditori e installatori macchine insicure

La sentenza della Cassazione Penale, 14 maggio 2012, n. 1813, tratta le responsabilità del venditore ed installatore per l’infortunio avvanuto a causa di una macchina professionale priva dei necessari requisiti di sicurezza.

La sentenza della Cassazione Penale, 14 maggio 2012, n. 1813, tratta le responsabilità del venditore ed installatore per l’infortunio di una lavoratrice avvanuto a causa di una macchina stiratrice professionale priva dei necessari requisiti di sicurezza.

La lavoratrice (cameriera di un hotel), dopo aver usato più volte l’apparecchio senza mai ricevere specifiche istruzioni, se non delle indicazioni dalla moglie del datore di lavoro, nel sistemare il lenzuolo sulla base di legno, aveva sentito tirare la mano destra dentro il rullo e, colta dal panico, era riuscita solo ad abbassarsi e schiacciare il fungo con la mano sinistra, ma intanto la mano destra era entrata sino al polso.

L’esposizione dell’arto all’elevato calore aveva reso necessaria l’amputazione della mano, per le ustioni di terzo grado estese sino al III distale dell’avambraccio destro.

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Muovendo dai dati fattuali appena ricordati, deve dunque ritenersi sussistente la responsabilità del (…) (sia pure ai soli fini civili, stante l’intervenuta prescrizione del reato) alla luce dei principi condivisibilmente enunciati in materia nella giurisprudenza di legittimità circa la responsabilità, nel caso di incidente derivato dall’uso di un macchinario, anche del venditore del macchinario stesso ove si tratti di infortunio riconducibile alla inadeguatezza del congegni antinfortunistici di quel macchinario: “Il divieto di vendita di macchine non conformi alle norme Antinfortunistiche, di cui all’art. 6, comma 2, del d.lgs. 19 settembre 1994 n. 626, come sostituito dall’art. 4 del d.lgs. 19 marzo 1996 n. 242, non può ritenersi limitato agli industriali o commercianti che abitualmente forniscono le macchine, attrezzature ed impianti, bensì va esteso a qualsiasi soggetto che esegua anche una sola vendita o rivendita” (Sez. 3, n. 10342 del 28/06/2000 Ud. – dep. 29/09/2000 – Rv. 217456); “In tema di lesioni personali a seguito di infortunio sul lavoro, la condotta di colui che, in violazione del divieto sancito dallo art. 7 del d.P.R. n. 547 del 1955, venda una macchina non conforme alle prescrizioni dell’art. 68 dello stesso d.P.R., è di per sé sufficiente ad integrare l’elemento di colpa specifica del delitto di cui all’art. 590, terzo comma, cod. pen., ed è legata da nesso concausale con l’evento lesivo, stante la normalità e la conseguenzialità dell’impiego della macchina nel ciclo produttivo della ditta acquirente” (Sez. 4, n. 1501 del 01/12/1989 Ud. – dep. 02/02/1990 – Rv. 183206).

A ciò aggiungasi che, come detto, nella concreta fattispecie si trattava di inadeguatezza dei presidi antinfortunistici oggettivamente percepibile, circostanza, quest’ultima, che rende irrilevante la mera presenza formale di una certificazione attestante la rispondenza del macchinario alle prescritte misure di sicurezza (cfr. Sez. 4, n. 37060 del 12/06/2008 Ud. -dep. 30/09/2008 – Rv. 241020, in relazione a fattispecie di ritenuta irrilevanza del marchio di conformità “CE”)

Il proposto ricorso deve essere pertanto rigettato agli effetti civili, con conseguente conferma delle disposizioni della sentenza impugnata che concernono gli interessi civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione, ferme restando le disposizioni della sentenza che concernono gli interessi civili.

Fonte: Olympus.uniurb.it

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