Secondo quanto riportato nella pubblicazione, a cui ha contribuito anche il ricercatore dell’ISPRA Marco Matiddi, sarebbero milioni gli animali che vivono negli oceani e nei mari che ogni anno sono debilitati, mutilati e uccisi dai rifiuti marini che vengono trasportati dalle correnti su lunghe distanze e negli ambienti marini più profondi.
Le 10 voci di rifiuti più diffusi registrate nel 2013 dall’International Coastal Cleanup Initiative sono in ordine decrescente: mozziconi di sigarette; involucri di plastica per alimenti; bottiglie di plastica per bevande; tappi di bottiglia di plastica; cannucce e cucchiai in plastica; stopper; bottiglie per bevande in vetro; altri tipi di sacchetti di plastica; carta e lattine per bevande.
Ben 7 di questi articoli sono realizzati in plastiche e precedenti studi hanno stimato che oltre l’80% delle cause di impatto negativo sulle specie marine è determinato dai rifiuti plastici.
L’effetto più vistoso sugli organismi marini di tale inquinamento è che la fauna selvatica ne rimane ingabbiata, provocandone la morte. La seconda diretta incidenza è l’ingestione da parte di animali marini di rifiuti, tra cui carta, legno lavorato e materiali sintetici che incontrano frequentemente e che gran parte degli organismi ingeriscono, con effetti negativi sulla loro salute e capacità di movimento, compromettendo il benessere degli animali, quando non si verifica la morte per effetto dell’intasamento dello stomaco e l’intestino.
Anche l’invasione di specie aliene costituisce una grave minaccia per la biodiversità e l’integrità e funzionamento degli ecosistemi. Da questo punto di vista, i rifiuti marini possono costituire il mezzo di trasporto o il nascondiglio attraverso il quale gli “invasori” raggiungono i nuovi territori da colonizzare. Questo fenomeno non è nuovo dal momento che detriti naturali (legno, ceneri, ecc.) hanno permesso in passato agli organismi di muoversi, ma lo spostamento di specie estranee su oggetti divenuti rifiuti è potenzialmente un problema nuovo, a causa dell’aumento di diffusione di microparticelle di plastica galleggianti che solo nel Mediterraneo sono stimate in 250 miliardi, tutte potenziali vettori di specie invasive non indigene. I rifiuti marini in plastica offrono un mezzo di trasporto eccellente per le specie aliene per la loro longevità e superficie su cui è facile attraccare. Anche se l’introduzione di rifiuti di grandi dimensioni nell’ambiente marino non è mai cessato, l’abbondanza di micro-plastiche continuerà ad aumentare per effetto della frammentazione degli oggetti di plastica esistenti.
I rifiuti marini colpiscono i servizi ecosistemici che hanno importanti implicazioni per il benessere umano per effetto di perdite in settori economici quali il turismo, la pesca, l’acquacoltura, la navigazione e l’energia. Dal momento che i rifiuti marini sono trasportati su lunghe distanze, essi possono provocare danni economici significativi in aree lontane dai luoghi dove sono stati originati e diventare, così, un costo per settori e Paesi che non sono responsabili della loro generazione.