COP 15, Copenaghen: solo limitata ‘presa nota’ di accordo su cambiamenti climatici

La Conferenza Onu sul clima ha ‘preso nota’ dell’accordo tra Usa, Cina, India e Sudafrica per la lotta ai cambiamenti climatici. E’ la decisione finale, presa stamattina, della Conferenza cui hanno partecipato 193 paesi: comprenderà la lista dei Paesi favorevoli e contrari.

Copenaghen: un accordo al ribasso, anzi solo una “preso nota” dell’accordo tra Usa, Cina, India e Sudafrica per la lotta ai cambiamenti climatici.

Tanta delusione e qualche moderato segno di soddisfazione hanno accompagnato la chiusura del vertice sul clima, cui hanno partecipato 193 paesi.

La decisione comprenderà la lista dei Paesi che si sono detti a favore dell’intesa e quelli, invece, dichiaratisi contrari.

L’accordo di Copenaghen, un documento di tre pagine, fissa come obiettivo un tetto a due gradi del riscaldamento globale rispetto all’era pre-industriale. Vengono poi stanziati 30 miliardi di dollari dal 1010 al 2012 e 100 miliardi al 2020, destinati principalmente ai paesi più vulnerabili per sostenerli a contenere l’impatto dei cambiamenti climatici.

Obama: I came here to act
Our ability to take collective action is in doubt

L’Unione Europea insoddisfatta, ma ma accetta l’accordo

E’ stato un sì pronunciato a denti stretti e con l’amaro in bocca quello che ha sancito l’approvazione dell’Unione europea all’accordo di Copenaghen.
Sarkozy, “è l’accordo migliore possibile oggi“.

Barroso, “sono deluso“.

Prestigiacomo, “è un accordo minimale“.

L’Assemblea dell’ ONU ha “preso nota” di un documento chiamato Accordo di Copenhagen. Sono due pagine e mezzo, 12 punti che contengono solo due numeri. Il primo è la soglia della temperatura da non superare a fine secolo: 2 gradi. Il secondo riguarda i fondi da mettere a disposizione per il trasferimento di tecnologie pulite ai paesi meno industrializzati: 10 miliardi di dollari l’ anno subito che verranno aumentati progressivamente fino a diventare 100 miliardi l’anno nel 2020.

All’interno del Bella Center di Copenhagen, dove si sono svolte le quattro giornate sul cambiamento climatico, si è cercato fino a tarda notte di strappare un consenso anche minimo pur di non tornare a casa a mani vuote.
Dopo lunghe discussione con il premier cinese, Obama non ha prodotto il miracolo che in molti, soprattutto i leader dell’ Unione europea, speravano. Il presidente degli Stati Uniti d’ America ha giocato più di una partita interna con il Congresso di Washington preoccupato delle concessioni alla Cina.
Nella sessione plenaria hanno protestato vivacemente i pesi che hanno più da perdere da un mancato impegno su una riduzione drastica dei gas serra.
“Mi dispiace ma non possiamo accettare un accordo di questo tipo”, ha detto il rappresentante delle isole Tuvalu, piccolo arcipelago dell’ Oceano Pacifico che potrebbe sparire a causa dell’ aumento delle te sperature e dello scioglimento dei ghiacci.
Il rappresentante del Sudan ha comparato gli effetti dei cambiamenti climatici a un olocausto.
Quasi fuori tempo massimo, dalla presidenza è arrivata la notizia del raggiungimento del consenso fra Stati Uniti, Cina, India, Sudafrica e Brasile su un obiettivo minimo: quello del contenimento sotto i 2 gradi centigradi dell’ aumento della temperatura.
Anche se, è bene precisarlo, non ci sarà nessuna norma vincolante e nessuna autorità che potrà verificare gli impegni presi dai singoli Stati e applicare le eventuali sanzioni.
Secondo il teorico della terza rivoluzione industriale,Jeremy Rifkin, “ non c’è un’alternativa
al contenimento dei gas serra perchè non abbiamo un pianeta di riserva: dobbiamo difendere la vivibilità di quello su cui abitiamo. E quindi dobbiamo evitare di perdere altro tempo. Non possiamo permetterci di fallire il prossimo appuntamento:il summit sul clima del 2010 a Città del Messico. Bisogna arrivare ad accori forti, vincolabili e misurabili”.

(LG/Pa-Ro)

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