“Coronavirus. L’emergenza Bergamo e Lodi e l’inefficienza del sistema sociosanitario lombardo” un documento del Movimento per la difesa e il miglioramento del SSN

Il Movimento per la difesa e il miglioramento del SSN ha redatto un documento, rivolto alla Regione Lombardia, in merito alle responsabilità dei livelli decisionali locali per l’esplosione dell’epidemia virale di COVID-19 nel lodigiano e nella bergamasca.

Al Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana
All’Assessore al welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera
Al Presidente Commissione Sanità e Politiche Sociali Regione Lombardia Emanuele Monti

Coronavirus. L’emergenza Bergamo e Lodi e l’inefficienza del sistema sociosanitario lombardo.

È tutto da leggere l’articolo apparso su “La Repubblica” del 22 marzo dal titolo ”Bergamo Il freno delle aziende e gli errori in corsia. Le colpe di un disastro”, a firma di Paolo Berizzi.
Sono contenuti spunti su cui riflettere riguardo le ragioni per cui Bergamo, e alcuni dei suoi territori in particolare: Alzano, Nembro e Zogno, sono stati all’epicentro dell’epidemia di COVID-19, come per altro le aree di Codogno e del Lodigiano, per fermarci alla Lombardia.
Tante sottovalutazioni e responsabilità di molti livelli decisionali, non solo nazionali, che qui non trattiamo, ma anche locali, su cui soffermeremo l’attenzione.

Dopo Codogno e i comuni limitrofi l’epidemia virale, come si sa, è esplosa nella bergamasca, in Valle Seriana, con epicentro l’ospedale Pesenti Fenaroli e due Comuni, Alzano Lombardo e Nembro. Giusto qualche giorno dopo la partita di Champions tra Atalanta e Valencia, il 19 febbraio, che ha visto la partecipazione festosa di oltre 45.000 tifosi atalantini, tutti assembrati nello stadio di San Siro.
All’ospedale di Alzano, dove si è registrato il primo caso bergamasco, il problema, in analogia con quanto successo nel Lodigiano, è stato, eufemisticamente parlando, malamente gestito, commettendo errori analoghi a quelli di Codogno, nonostante già si sapesse dell’epidemia. Ma la prima a imparare da Codogno e a dare indicazioni conseguenti doveva essere la Regione, e questa è un’aggravante.
La direzione sanitaria chiude prima il pronto soccorso e l’ospedale. Poi, non si sa su quali valutazioni, in qualche ora tutto riapre, come prima. Da lì in poi il contagio colpisce medici e infermieri ed inizia a diffondersi, grazie ai tanti che da lì sono passati e anche lasciati liberi di andarsene, tra gli abitanti di Alzano, Nembro e paesi vicini, per assumere poi le dimensioni tragiche, sull’intera provincia, che tutti ormai conoscono.
Ma la Valle Seriana non si ferma, sono 376 le imprese e 3.700 i dipendenti, scrive Repubblica. Anche solo il 4 marzo, i primi cittadini di quei paesi, si facevano portatori di tante preoccupazioni degli imprenditori e di imprese della zona, considerata vero motore dell’economia della Regione.

Certo, è poi mancata la determinazione di Regione Lombardia che avrebbe potuto avviare misure di isolamento di quel territorio o, quantomeno, agire nei riguardi del Governo affinché fosse anche lì dichiarata zona rossa, da subito.
L’Agenzia di Tutela della Salute, solo il 22 marzo, dopo che la tragedia si è manifestata, afferma che «Tante aziende della zona hanno contatti continui con la Cina. È probabile che il virus in valle circolasse prima che a Codogno. Già da dicembre, forse. Ma non lo conoscevamo. Una serie di polmoniti è stata addebitata a complicanze influenzali, poi abbiamo scoperto essere Covid-19. Erano segnali di allarme». Segnali d’allarme sottovalutati, ma l’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo non poteva intervenire prima, allora?

Del resto è ormai chiaro che il virus circolava da tempo anche nella bassa lodigiana e che il primo caso è stato solo il primo caso riconosciuto.
Inascoltati, colpevolmente, sono invece rimasti gli allarmi lanciati da AREU Bergamo, già dal 22 febbraio, in Regione Lombardia.

Per leggere il documento completo andare al primo link.

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