Corte di Cassazione: il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro anche ai soggetti terzi

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 3272 del 23 gennaio 2015 ha affermato che le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori, ma anche a tutela dei terzi cioè di tutti coloro che, per una qualsiasi legittima ragione, accedono là dove vi sono macchine che, se non munite dei presidi antinfortunistici voluti dalla legge, possono essere causa di eventi dannosi.

La Corte di Cassazione con questa sentenza ha richiamato il consolidato orientamento secondo cui “la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti a osservarne le disposizioni, non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l’esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l’evento morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento; abnormità che, per la sua stranezza e imprevedibilità si ponga al di fuori delle possibilità di controllo dei garanti.”
La Suprema Corte ha inoltre ribadito che: <ss.; D.Lgs, 19 settembre 1994, n.626; art. 2087 c.c.) è di decisivo rilievo, in particolare, il disposto dell’art. 2087 c.c., in forza del quale, il datore di lavoro, anche al di là delle disposizioni specifiche, è comunque costituito garante
dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale di quanti prestano la loro opera nell’impresa, con l’ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi all’obbligo di tutela, l’evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall’art.40 c.p., comma 2. Tate obbligo è di
così ampia portata che non può distinguersi, al riguardo, che si tratti di un lavoratore subordinato, di un soggetto a questi equiparato (cfr. D.P.R. n. 547 del 1955, art. 3, comma 2) o, anche, di persona estranea all’ambito imprenditoriale, purché sia ravvisabile il nesso causale tra l’infortunio e la violazione della disciplina sugli obblighi di sicurezza. Infatti, secondo assunto pacifico e condivisibile, le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori, ossia per eliminare il rischio che i lavoratori possano subire danni
nell’esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi cioè di tutti coloro che, per una qualsiasi legittima ragione, accedono là dove vi sono macchine che, se non munite dei presidi antinfortunistici voluti dalla legge, possono essere causa di eventi dannosi. Ciò, tra l’altro, dovendolo desumere dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 5, lett. n), che, ponendo la regola di condotta in forza della quale il datore di lavoro “prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno”, dimostra che le disposizioni
prevenzionali sono da considerare emanate nell’interesse di tutti, anche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell’impresa (cfr. Sezione 4A, 20 aprile 2005, Stasi ed altro)>> (Cass., Sez. IV, n. 13917 del 17/1/2008, Rv. 239590).

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