COVID-19 e industria alimentare, il nuovo numero di Dati INAIL è dedicato a questo ambito produttivo

Al settore dell’industria alimentare, che non ha subito chiusure o restrizioni legate all’emergenza sanitaria perché rientra tra quelli considerati essenziali, è dedicato il nuovo numero del periodico statistico Dati INAIL, che segnala anche il forte ridimensionamento delle infezioni di origine professionale denunciate nei primi tre mesi di quest’anno mentre contava sei contagi su dieci nel trimestre ottobre-dicembre 2020.

Il nuovo numero di Dati INAIL, mensile curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, è dedicato all’industria alimentare, un ambito produttivo che ha resistito agli effetti depressivi dell’emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus perché, rientrando tra quelli considerati essenziali, non ha subito chiusure o restrizioni. Alla data dello scorso 31 marzo, le denunce di infortunio sul lavoro da COVID-19 relative a questo settore, in cui l’INAIL ha contato nel 2019 circa 45mila aziende assicurate con quasi 400mila addetti, concentrati per oltre un terzo nella produzione di prodotti da forno e a seguire nell’industria lattiero-casearia, nella lavorazione di carni e nella produzione di altri prodotti alimentari come zucchero, tè e caffè, sono state 1.227, tra cui 10 decessi.

Dopo il picco rilevato nell’aprile 2020, con poco più del 7% dei contagi sul lavoro da COVID-19 denunciati all’INAIL, l’industria alimentare ha toccato il 12% dei casi nel mese di agosto, in corrispondenza di alcuni focolai che hanno interessato, in particolare, la trasformazione delle carni. Diversi studi internazionali, infatti, hanno dimostrato che le condizioni legate a questo tipo di lavorazioni, in particolare la fase di macellazione e sezionamento, hanno favorito l’insorgenza di focolai in impianti di grandi dimensioni. Ad avere l’impatto maggiore è stata però la seconda ondata delle infezioni, che ha raggiunto il suo apice in novembre, nel quale si è concentrato un terzo di tutte le denunce del settore. Circa il 60% dei casi ricade nel trimestre ottobre-dicembre 2020, mentre i primi tre mesi di quest’anno si sono caratterizzati per un forte ridimensionamento del fenomeno.

Considerando le varie tipologie di lavorazione, dall’analisi della Consulenza statistico attuariale emerge che poco meno del 60% dei contagi professionali riguardano l’industria lattiero-casearia, seguita dall’industria della lavorazione delle carni (22%), dalla lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi (11%) e dai prodotti da forno (7%). La componente femminile conta il 53,1% delle denunce del comparto, percentuale inferiore rispetto a quanto osservato sul totale delle infezioni di origine professionale (69,3%). L’età media dei contagiati è di 47 anni e la classe di età più colpita è quella compresa tra i 50 e i 64 anni, con il 45,7% dei casi, seguita dalle fasce 35-49 anni (40,8%), under 35 (12,6%) e over 64 (sotto l’1%). Le categorie più colpite sono quelle degli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari e, in particolare, i macellatori, con poco meno di 200 denunce da inizio pandemia.

Allargando l’osservazione all’insieme degli infortuni sul lavoro, nel quinquennio 2015-2019 l’andamento delle denunce è stato moderatamente crescente fino al 2019, quando si è registrato un calo del 2% rispetto all’anno precedente. I primi dati provvisori del 2020, segnato dalla pandemia, indicano una consistente flessione (-14%), con i casi denunciati che si fermano a circa novemila. Si tratta, però, di una flessione molto meno marcata, in termini percentuali, rispetto a tutti gli altri settori del comparto manifatturiero (-27%) che, a differenza dell’industria alimentare, hanno sofferto per le politiche di lockdown. Nel quinquennio per cui sono disponibili informazioni consolidate, in media il 15% delle denunce ha riguardato infortuni “in itinere”, avvenuti cioè nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro, il 31% lavoratrici e il 40% la fascia di età 35-49 anni, seguita dagli under 35 (30%), dai 50-64enni (29%) e dagli over 64 (1%). Dal punto di vista territoriale il maggior numero di denunce (42%) è concentrato nel Nord-Est, seguito da Nord-Ovest (29%), Sud (13%), Centro (12%) e Isole (4%).

I casi mortali denunciati nell’intero quinquennio 2015-2019 nell’industria alimentare sono stati 108, in media 21-22 l’anno. Il dato ancora provvisorio del 2020 supera invece i 30 decessi, un aumento interamente ascrivibile alla letalità della pandemia da COVID-19. Negli anni precedenti circa un terzo delle morti denunciate è avvenuto in itinere e nel 90% dei casi ha riguardato uomini, con la fascia di età 50-64 più coinvolta (38%) rispetto a quelle 35-49 anni (31%) e under 35 (27%). Limitando l’analisi ai soli casi mortali occorsi “in occasione di lavoro”, quattro denunce su dieci hanno interessato lavoratori impegnati nella produzione di prodotti da forno e farinacei, con numeri significativi, anche se molto più bassi, nella lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi, in quella della carne e nell’industria lattiero-casearia.

DATI INAIL aprile 2021
ANDAMENTO DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

– L’INDUSTRIA AGROALIMENTARE TRA CONSUMI E OCCUPAZIONE
– GLI INFORTUNI SUL LAVORO E LE MALATTIE PROFESSIONALI DIETRO LA LISTA DELLA SPESA
– I CONTAGI DA COVID-19 NELL’INDUSTRIA ALIMENTARE
– I PRODOTTI FITOSANITARI E LA SICUREZZA ALIMENTARE

Fonte: INAIL

Vai alla notizia completa…

Vai a Dati INAIL del mese di aprile…

Precedente

Prossimo