D.Lgs. 231/2001, Reato di induzione: non serve l’incasso

Il nuovo reato di «induzione a dare o promettere utilità» – previsto dalla legge anticorruzione – scatta anche se non è stato consegnato nulla all’agente pubblico.

Il nuovo reato di «induzione a dare o promettere utilità» – previsto dalla legge anticorruzione – scatta anche se non è stato consegnato nulla all’agente pubblico.

Lo ha evidenziato l’ufficio del massimario della Cassazione nella relazione 19 del 3 maggio scorso.

Questa interpretazione, dato che il delitto in questione rappresenta uno dei nuovi reati-fonte per la responsabilità amministrativa delle società, può avere riflessi anche sulla predisposizione e l’aggiornamento dei modelli organizzativi societari in base al decreto legislativo 231/2001.

La legge 190 del 2012 ha modificato vari articoli del Codice penale contenuti nel titolo dedicato ai «Delitti contro la pubblica amministrazione».

Si tratta, tra l’altro, dei delitti di corruzione, peculato e concussione.

In particolare, la fattispecie di concussione prevista in precedenza dall’articolo 317 del Codice penale sanzionava la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, il quale, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringeva o induceva taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità.

Ora, la legge anticorruzione ha eliminato la concussione per induzione, mantenendo solo quella per costrizione.

L’attuale articolo 317 del Codice penale, quindi, punisce, con una pena maggiore nel minimo di quella precedente (passa da 4 a 6 anni), il pubblico ufficiale, e non più anche l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità.

La condotta di induzione, però, non è stata del tutto eliminata.
Infatti il nuovo articolo 319-quater («Induzione indebita a dare o promettere utilità») sanziona, con la pena della reclusione da tre a otto anni, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della loro qualità o dei loro poteri, inducono taluno a dare o promettere indebitamente, a loro stessi o a un altro, denaro o altra utilità. Peraltro, questa norma non punisce solo il soggetto che “induce” ma anche il soggetto “indotto”, ovvero chi dà o promette il denaro o altra utilità.

Quest’ultimo potrà incorrere nella pena della reclusione fino a tre anni.


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