La campagna per la trasparenza dei dati sull’emergenza ha raccolto il sostegno di 160 organizzazioni e testate giornalistiche e di quasi 40.000 firmatari della petizione, ma non ha intenzione di fermarsi fino a quando il Governo non darà delle risposte
Quasi 40.000 cittadini e cittadine e 160 tra organizzazioni civiche, aziende, testate giornalistiche hanno chiesto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di saperne di più sull’evoluzione e la gestione della pandemia che sta ancora duramente colpendo l’Italia. La campagna #datiBeneComune, lanciata il 6 novembre scorso con l’obiettivo di chiedere una maggiore apertura dei dati sulla COVID-19, è riuscita a coinvolgere un gran numero di persone e organizzazioni, perché il tema interessa tante persone, tanti settori diversi. Ad un mese dal lancio, il Governo non ci ha ancora risposto.
Lo stesso intento della campagna si ritrova nell’emendamento “87.020” della legge di Bilancio, che è in discussione alla Camera dei Deputati in questi giorni: “Disposizioni in materia di implementazione delle modalità e procedure di raccolta dei dati COVID-19 e pubblicazione completa e accessibile dei dati”.
L’emendamento è stato sottoscritto da 30 deputati appartenenti a 6 gruppi politici diversi, compresi tutti quelli di maggioranza e uno di opposizione.
Tra i firmatari ci sono anche tre presidenti di Commissione e molti deputati che sono membri dei due Intergruppi parlamentari su Intelligenza Artificiale e su Innovazione.
È un ulteriore elemento che conferma come i nostri obiettivi siano sempre più valutati positivamente e siano quindi sostenuti e della possibilità di costruire una comunità sempre più ampia e unita, tra la società civile e il Parlamento, per portare avanti la battaglia per una “cultura del dato” dentro e fuori le istituzioni del Paese.
A ulteriore riprova ha aderito all’iniziativa anche la Società Italiana di Statistica che con la sua “Lettera aperta sui dati di base e sulle competenze” e una petizione lanciata in parallelo, aggiunge dei punti di valore a #datiBeneComune e sottolinea “l’importanza fondamentale della disponibilità di dati affidabili e di competenze elevate nell’analizzarli per permettere di comprendere la pandemia, prevederne l’evoluzione, approntare strumenti sia di politica sanitaria che di politica economica per affrontarla e valutare gli effetti delle scelte effettuate”.
Si è chiusa questa prima fase dell’iniziativa della campagna, ma ci prepariamo a lavorare ad altre azioni per far crescere l’attenzione sul tema dell’apertura dei dati.
Due fatti positivi da sottolineare, correlati alla campagna:
● la pubblicazione sul repository COVID-19 del Dipartimento di Protezione Civile, dei dati sugli ingressi giornalieri in terapia intensiva, per regione, che le organizzazioni promotrici chiedono da tanto tempo. Adesso sarà quindi possibile sapere quante persone – dopo essere state intubate – non ce la fanno e quante, invece, riescono a guarire.
● i dati che alimentano il cruscotto della sezione EpiCentro del sito dell’Istituto Superiore di Sanità sono diventati un po’ più bene comune! In aggiunta alla mera rappresentazione del dato, adesso viene fornito un file di dati in formato leggibile da un Personal Computer e viene pubblicato lo script, ossia l’algoritmo che calcola l’indice Rt nazionale, anche se rimane ancora da risolvere un problema di licenza.
Tuttavia, nonostante i timidi progressi, la maggior parte delle informazioni pubbliche sulla COVID-19 in Italia continuano a risiedere in PDF a pubblicazione periodica, sparsi per lo più sul sito del Ministero della Salute e su quello dell’Istituto Superiore di Sanità.