Disabilità: Pistorius entra entra nella leggenda delle Olimpiadi anche se non in finale dei 400m

Per la prima volta nella storia delle Olimpiadi un atleta disabile sfida i normodati

Pistorius entra entra nella leggenda, anche se non in finale dei 400m

Per la prima volta nella storia delle Olimpiadi un atleta disabile ha sfidato i normodati nella gara sui 400 metri-uomini.

Oscar Pistorius e’ stato eliminato nelle semifinali dei 400 metri alle Olimpiadi di Londra.
Il sudafricano, che corre con le protesi al posto delle gambe, ha chiuso la sua semifinale all’ultimo posto in 46”54, un tempo di oltre un secondo piu’ lento di quello fatto segnare nelle batterie.

Pistorius, alla sua prima partecipazione ai Giochi con i normodotati, ha comunque centrato l’obiettivo che si era posto di entrare nelle semifinali.

Partecipera’ anche alla staffetta 4×400 con il Sudafrica, 9 agosto.

Dopo avere tagliato il traguardo Pistorius ha ringraziato il pubblico che lo applaudiva con un inchino e si e’ scambiato il pettorale con Kirani Janes, che si e’ imposto in semifinale.

E a chi sostiene che le sue protesi di carbonio sono un vantaggio risponde: “C’è sempre qualche professore che vuole dire la sua, ma non ci faccio caso

La sua scommessa: “Voglio arrivare in semifinale”.

Lo scorso luglio, la federazione sudafricana di atletica ufficializza la sua partecipazione alle Olimpiadi di Londra. Il sogno diventa realtà, ma non basta. “Sono in forma e voglio arrivare in semifinale – è la sua ‘dichiarazione di guerra’ –
Da Pechino ho perso 13 chili e mi sono concentrato sui 400 metri”.

Qualcuno – fra cui l’ex atleta e ancora oggi primatista mondiale Michael Johnson – è ancora convinto che le protesi gli diano un vantaggio ‘extra’.

Lui non si scompone. “Conosco Johnson e lo rispetto, ma io ho superato 16 prove in tre settimane, mi hanno fatto ogni tipo di analisi. Spesso si discute dei possibili vantaggi e non degli svantaggi – replica – Poi, se fosse davvero così, perché non batto il suo record mondiale?

C’è sempre qualche professore che vuole dire la sua, ma non ci faccio caso”.

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Fonte: INAIL.it

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