Divario retributivo di genere in Unione europea, argomento di discussione in Parlamento europeo

Le donne lavoratrici nell’UE guadagnano in media 16% in meno all’ora rispetto agli uomini. La parità di retribuzione non è solo una questione di giustizia ma stimolerebbe anche l’economia, aumenterebbe la base imponibile e alleggerirebbe parte dell’onere gravante sui sistemi previdenziali. Valutazioni mostrano che una riduzione di un punto percentuale del divario retributivo di genere comporterebbe un aumento del PIL dello 0,1%.

Anche se il principio di “parità di retribuzione per lavori di pari valore” è stato introdotto nel Trattato di Roma nel 1957, il cosiddetto “divario retributivo” persiste anche se con un miglioramento marginale negli ultimi dieci anni. Il Parlamento europeo, che ha costantemente chiesto più azioni per colmare tale divario, ha solleva nuovamente la questione in plenaria in un dibattito il 13 gennaio 2020.

Il divario o differenziale retributivo di genere è la differenza tra i compensi orari lordi di uomini e donne. Si basa sugli stipendi versati direttamente ai dipendenti prima delle detrazioni fiscali e dei contributi previdenziali. Nei calcoli si tiene conto soltanto delle aziende con dieci o più dipendenti.

Nell’Unione europea, il divario retributivo di genere è definito ufficialmente come “differenziale retributivo di genere non rettificato”, in quanto non tiene conto di tutti i fattori che influenzano il differenziale retributivo di genere, come le differenze in termini di istruzione, esperienza sul mercato del lavoro, ore lavorate, tipo di lavoro, ecc. Tuttavia, questo dimostra che generalmente in tutta l’Unione europea le donne guadagnano meno degli uomini.

Nell’Unione europea il divario retributivo varia ampiamente: la percentuale più alta si riscontra in Estonia (25,6%). A seguire: Repubblica Ceca (21,1%), Germania (21%), Regno Unito (20,8%), Austria (19,9%) e Slovacchia (19,8%) – dati del 2017. Le percentuali più basse si ritrovano in Slovenia (8%), Polonia (7,2%), Belgio (6%), Italia e Lussemburgo (entrambi 5%) e Romania (3,5%).

La parità retributiva è disciplinata da una direttiva UE, ma il Parlamento europeo ne ha ripetutamente chiesto la revisione e ulteriori misure. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha annunciato che la sua Commissione lavorerà su una nuova strategia europea per l’uguaglianza di genere e su misure vincolanti per la trasparenza retributiva.

Interpretare i numeri non è così semplice come sembra. Difatti, un minore divario retributivo di genere in un paese specifico non corrisponde necessariamente a una maggiore uguaglianza di genere.
In alcuni stati membri, divari retributivi più bassi tendono ad essere collegati ad una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. A loro volta, divari più alti tendono a essere collegati ad un’elevata percentuale di donne che svolgono un lavoro part-time o alla loro concentrazione in un numero ristretto di professioni.

In media, le donne svolgono più ore di lavoro non retribuito (cura di figli o familiari, lavori domestici) e gli uomini più ore di lavoro retribuito: solo l’8,7% degli uomini nell’UE lavora part-time, contro quasi un terzo delle donne nell’UE (31,3%). In totale, le donne hanno più ore di lavoro alla settimana rispetto agli uomini.

Le donne non soltanto guadagnano di meno all’ora, ma svolgono anche meno ore di lavoro retribuito. Sono di meno, infatti, le donne impiegate nella forza lavoro rispetto agli uomini.

Tutti questi fattori insieme creano il divario (nel 2014 era quasi il 40%) retributivo complessivo tra uomini e donne.

Circa il 30% del divario retributivo totale di genere può essere spiegato con una sovra-rappresentanza di donne in settori relativamente a basso salario come l’assistenza, le vendite o l’istruzione. Vi sono ancora posti di lavoro, ad esempio nei settori della scienza, della tecnologia e dell’ingegneria, dove la percentuale di uomini impiegati è molto elevata (oltre l’80%).

Le donne occupano anche meno posizioni dirigenziali: è donna meno del 6,9% degli amministratori delegati delle principali aziende. Considerato il divario tra le diverse professioni, le donne manager sono le più svantaggiate: guadagnano il 23% in meno all’ora rispetto agli uomini manager.

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