EEA: i dati aggiornati sull’inquinamento atmosferico in Europa

L’inquinamento atmosferico rimane il più grande pericolo per la salute ambientale in Europa, con una stima di 467.000 morti premature ogni anno. La relazione dell’EEA “Air quality in Europe—2016 report” presenta una panoramica aggiornata e un’analisi della qualità dell’aria per gli anni 2000-2014 sulla base di dati provenienti dalle stazioni di monitoraggio ufficiali in tutta Europa, tra cui più di 400 città.

Nel 2014, il 16% della popolazione urbana nell’UE-28 è stato esposto a livelli di PM10 superiori al valore limite giornaliero UE, mentre l’8% è stato esposto a livelli di PM2.5 al di sopra del valore obiettivo dell’UE. Inoltre, circa il 50% e l’85% degli abitanti delle città sono stati esposti a concentrazioni di PM10 e PM2.5 che superano i valori più rigorosi stabiliti dalle Linee guida OMS.

Il biossido di azoto (NO2) colpisce direttamente il sistema respiratorio, ma contribuisce anche alla formazione di PM e O3. Nel 2014, il 7% della popolazione urbana nell’UE-28 è stata esposta a concentrazioni di NO2 al di sopra dei medesimi valori fissati dall’OMS e UE, con il 94% di tutti i casi di superamento causati dal traffico.

Le emissioni di PM2.5 provenienti dalla combustione di carbone e biomasse per il riscaldamento delle abitazioni e degli edifici commerciali e istituzionali non sono diminuite in modo significativo. Per ridurre le emissioni di questi settori sarebbe essenziale attuare pienamente la legislazione vigente, come ad esempio le recenti modifiche alla Direttiva sulla progettazione eco-compatibile per stufe domestiche, la Direttiva riguardante le emissioni originate da impianti di combustione medi, oppure produrre delle guide sulle buone pratiche da adottare per il riscaldamento domestico, etc.
Le emissioni di ammoniaca (NH3) da agricoltura rimangono elevate e contribuiscono soprattutto a mantenere livelli di PM sostenuti.
L’inquinamento atmosferico, specialmente da O3, NH3 e NOx, continua a danneggiare la vegetazione e gli ecosistemi.

Secondo il Direttore esecutivo dell’EEA, Hans Bruyninckx, la riduzione delle emissioni ha portato a miglioramenti nella qualità dell’aria in Europa, ma non abbastanza per evitare danni inaccettabili per la salute umana e l’ambiente, per cui si dovranno affrontare le cause dell’inquinamento atmosferico trasformando in maniera profonda e innovativa i nostri settori produttivi, come quello energetico ed alimentare, e non solo.

La revisione della Direttiva sui limiti nazionali di emissione

Il 14 dicembre 2016 il Parlamento europeo, su proposta della Commissione, ha votato la nuova Direttiva sui limiti nazionali di emissione (NEC) che entrerà in vigore il 31 dicembre 2016 e con la quale si impongono limiti più rigorosi per i cinque principali inquinanti atmosferici (SO2, NOx, NMVOC, NH3, and PM2.5 ) in Europa.

All’interno della direttiva la Commissione, inoltre, dichiara l’intenzione di promuovere la riduzione di emissione anche del Metano e si riserva di presentare una proposta legislativa in tal senso tenendo conto di una serie di studi sul tema attualmente in corso che dovrebbero essere completati nel 2017.

La Direttiva stabilisce limiti nazionali per le emissioni più severi dal 2020 al 2029 e successivamente dal 2030 in avanti espressi come percentuali di riduzione di emissione del 2005; detta inoltre disposizioni relative agli inventari e proiezioni nazionali delle emissioni. Secondo le stime, grazie a questi nuovi impegni, nel 2030 l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute dovrebbe essere ridotto di circa il 50% rispetto al 2005.

Gli Stati membri dovranno recepire la Direttiva entro il 30 giugno 2018 e redigere un programma nazionale contro l’inquinamento atmosferico entro il 2019 che stabilisca misure per garantire che le emissioni dei cinque inquinanti siano ridotte delle percentuali concordate per il 2020 e il 2030. Queste misure dovranno essere, inoltre, coordinate con nuovi piani nei settori dei trasporti, agricoltura, energia e clima.

Si prevede che questo richiederà molti investimenti, ma i costi saranno largamente compensati dai benefici nel risparmio per l’assistenza sanitaria e le malattie sul lavoro.

Fonte: ARPAT

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