Estensione dell’obbligo di protezione del datore di lavoro

Sentenza della Cassazione Penale condanna per omicidio colposo il legale rappresentante di un istituto di vigilanza privata che non aveva fornito il giubbotto antiproiettile alla guardia giurata rimasta uccisa nel corso di una rapina ad un istituto di credito.

La Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 32286 del 4 luglio 2006 – depositata il 29 settembre 2006, ha stabilito che “risponde del delitto di omicidio colposo in danno del lavoratore il datore di lavoro che non ha procurato lo strumentario di sicurezza necessario a prevenire eventi lesivi nel corso della prestazione lavorativa, poi verificatisi, seppure l’inadempimento sia dovuto ad una contingente indisponibilità di tale strumentario, dal momento che il diritto alla salute del lavoratore, come diritto fondamentale, non può ammettere lacune di tutela imputabili a cause indipendenti dalla volontà del soggetto titolare della posizione di garanzia”.

Nella fattispecie la Cassazione ha condannato per omicidio colposo (art. 589 c.p.) il datore di lavoro che, in qualità di legale rappresentante di un istituto di vigilanza privata, non aveva fornito il giubbotto antiproiettile alla guardia giurata rimasta uccisa nel corso di una rapina ad un istituto di credito.

La Suprema Corte ha così sottolineato che “il datore di lavoro ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici e del fatto che il lavoratore possa prestare la propria opera in condizioni di sicurezza, vigilando altresì a che le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l’opera.
In altri termini, il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l’adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all’attività lavorativa: tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell’art. 2087 c.c., in forza del quale il datore di lavoro è comunque costituito garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l’ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi all’obbligo di tutela, l’evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall’articolo 40, comma 2, c.p..
Tale obbligo comportamentale, che è conseguenza immediata e diretta della “posizione di garanzia” che il datore di lavoro assume nei confronti del lavoratore, in relazione all’obbligo di garantire condizioni di lavoro quanto più possibili sicure, è di tale spessore che non potrebbe neppure escludersi una responsabilità colposa del datore di lavoro allorquando questi tali condizioni non abbia assicurato, pur formalmente rispettando le norme tecniche, eventualmente dettate in materia al competente organo amministrativo, in quanto, al di là dell’obbligo di rispettare le suddette prescrizioni specificamente volte a prevenire situazioni di pericolo o di danno, sussiste pur sempre quello di agire in ogni caso con la diligenza, la prudenza e l’accortezza necessarie ad evitare che dalla propria attività derivi un nocumento a terzi.
E’ in questo quadro normativo che si pone correttamente la sentenza impugnata, laddove ravvisa la colpa, e il conseguente nesso eziologico con l’evento dannoso, del datore di lavoro nel non aver questi fornito il giubbotto antiproiettile alla guardia giurata, ponendo le condizioni dell’evento letale derivatone. Dovendosi anzi aggiungere come l’addebito colposo oltre che sull’art. 2087 c.c. viene articolato anche sul mancato rispetto del provvedimento amministrativo intervenuto nella subiecta materia, imponente a fortiori lo strumento di salvaguardia omesso. In questa prospettiva, all’evidenza, nessun rilievo può assumere la circostanza che l’imputato deduca di essersi attivato tempestivamente per fornire i giubbotti antiproiettile, ma di non averlo potuto fare per la indicata ridotta disponibilità di questi”.

AG

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