Che il RSPP possa incorrere in una responsabilità penale al verificarsi di infortuni sul lavoro è
ormai noto: mentre fino a una decina di anni fa, solo il datore di lavoro poteva essere riconosciuto responsabile per i reati di cui al D. Lgs. 81/2008, a partire dal 2010 ha iniziato a farsi strada nella Corte di Cassazione un orientamento, ormai consolidato, che riconosce una posizione di garanzia ex art. 40 c.p. in capo al RSPP.
Inizialmente, con l’introduzione del D.Lgs. 626/94 che regolamentava la materia della sicurezza sui luoghi di lavoro, recependo una normativa europea, al RSPP era riconosciuta un’attività di mera consulenza del datore di lavoro e non erano richiesti particolari requisiti di professionalità o specifiche capacità, né erano previste sanzioni a suo carico, a contrario di quanto stabilito per il datore di lavoro per erronea valutazione dei rischi.
Il cambio di rotta avviene nel 2007, anno in cui la Corte di Cassazione con la sentenza n. 39567 ha ritenuto che la mancanza di un sistema sanzionatorio all’interno del Decreto Legislativo del 1994, poi modificato dal D.Lgs. 193/2003, non permette di arrivare alla conclusione che gli RSPP “possano e debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati
da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell’ambito dell’incarico
ricevuto” (Cass. Pen. Sez. IV, sent. 4 aprile 2007, n. 39567).
L’articolo completo dello Studio Legale Associato LCG Lecis Cannella Grassi è disponibile in area riservata.