Secondo il pm Gianfranco Colace era questa la politica dell’Eternit sulla sicurezza e sulla tutela della salute dei propri dipendenti.
Dopo la discussione sulle eccezioni di competenza territoriale, di materia e di costituzionalità, il processo è proseguito con la prima di almeno quattro udienze durante le quali la procura argomenterà le sue tesi contro i vertici della multinazionale, Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier, condannati in primo grado a 16 anni di reclusione
“Massima protezione, ma con il minimo dei mezzi economici”.
Secondo il pm Gianfranco Colace era questa la politica dell’Eternit sulla sicurezza e sulla tutela della salute dei propri dipendenti.
Colace ha preso la parola oggi al tribunale di Torino nella prima di almeno quattro udienze del processo di appello, durante le quali la procura generale argomenterà le sue accuse ai vertici della multinazionale dell’amianto, Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier, condannati in primo grado a 16 anni di reclusione per disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche negli stabilimenti italiani del gruppo.
Dopo le conclusioni di Guariniello spazio alle parti civili.
Dopo Colace, il processo di appello ai vertici della Eternit proseguirà con il pg Ennio Tomaselli, a cui spetterà illustrare le risultanze delle consulenze epidemiologiche.
Sulle responsabilità dei due imputati argomenterà il pm Sara Panelli,
mentre
le conclusioni spetteranno al pm Raffaele Guariniello.
Successivamente sarà la volta degli avvocati delle migliaia di parti civili, a cui i giudici chiederanno di seguire una sorta di schema per trattare analiticamente le loro conclusioni.
“In 13 anni solo 7,8 miliardi di lire per i cinque stabilimenti italiani”.
Per dimostrare la sua tesi, l’accusa ha ricostruito i flussi finanziari provenienti dalla Svizzera, che “nascondono delle sorprese”. La procura, infatti, sostiene che non furono 75 i miliardi di vecchie lire destinati da Eternit agli interventi per la messa in sicurezza delle sue cinque fabbriche in Italia, ma poco più di un decimo: circa 7,8 miliardi spalmati su tutti gli stabilimenti tra il 1973 e il 1986. Venti miliardi, infatti, andarono in garanzie, 11 furono dirottati su Eternit Casale Spa a copertura di un debito oneroso con Interbanca, 10 dalla vendita di Balangero, e infine 18 miliardi confluirono negli aumenti di capitale del 1983 e del 1984, quando non ci furono più investimenti in sicurezza a eccezione della traduzione di un manuale. Dei restanti 15 miliardi, solo 7,8 risultano documentati per interventi sulla sicurezza.