Greenpeace pubblica “Come i PFC entrano nel nostro corpo”

La produzione di composti chimici pericolosi come i PFC ha generato un inquinamento diffuso nelle acque superficiali (fiumi e laghi), potabili e di falda ma anche nell’aria e nella polvere domestica. Secondo il nuovo rapporto di Greenpeace, in Veneto sono 350-400 mila le persone potenzialmente esposte alla contaminazione.

Greenpeace Italia pubblica il rapporto “Come i PFC entrano nel nostro corpo” in cui sono presentati gli effetti della produzione di composti chimici pericolosi, come i PFC (composti poli- e per-fluorurati) in 4 aree del mondo, tra cui il Veneto.

Prove evidenti dell’inquinamento, recente o passato, generato dalle aziende chimiche che producono PFC, inclusi quelli utilizzati nella produzione del PTFE (conosciuto come Teflon), esistono per almeno quattro aree del pianeta: la valle del Mid-Ohio negli Stati Uniti, la zona di Dordrecht in Olanda, la provincia di Shandong in Cina e la regione Veneto, in Italia.

Nelle quattro aree interessate dallo studio è emersa con chiarezza le presenza di un inquinamento diffuso nell’ambiente, inclusa la contaminazione delle falde di acqua potabile.

In Italia l’area interessata dalla contaminazione si estende per circa 150 chilometri quadrati e ricade nelle province di Vicenza, Padova e Verona. In quest’area, le persone potenzialmente esposte alla contaminazione sono 350-400 mila.

Nel maggio 2015 la Regione Veneto, insieme all’Istituto Superiore di Sanità, ha annunciato il lancio di un programma di monitoraggio biologico su oltre 600 persone residenti in 14 comuni al fine di valutarne il grado di esposizione a PFC tramite l’analisi di campioni di sangue.

I risultati preliminari hanno mostrato, in alcune delle popolazioni più esposte, concentrazioni di PFOA fino a venti volte più alte, rispetto alle popolazioni italiane non esposte alla contaminazione da PFC. Queste sostanze si trovano quindi nell’acqua, ma anche nel sangue delle persone.

“La contaminazione da PFC minaccia seriamente le popolazioni esposte, in Veneto” spiega Giuseppe Ungherese, campagna inquinamento di Greenpeace Italia.
“Stiamo chiedendo alle aziende dell’abbigliamento outdoor, uno dei settori che impiega queste sostanze, di eliminarle dalla produzione entro il 2020. Alcuni marchi lo stanno già facendo perché le alternative sono già disponibili sul mercato. In Italia, l’impegno del Consorzio Italiano Detox, nato a Prato, mostra che è possibile intraprendere fin da subito un percorso trasparente e credibile per l’eliminazione dei PFC dai processi produttivi del settore tessile”.

Concentrazioni elevate di PFC preoccupano gli scienziati: l’esposizione ad alcune di queste sostanze è stata associata a gravi effetti sulla salute, inclusi tumori al rene e ai testicoli.
I PFC sono sostanze che non esistono in natura e una volta rilasciate nell’ambiente si degradano lentamente, rendendo la contaminazione quasi irreversibile, ed entrano nella catena alimentare.

Proprio per questo, più di 200 scienziati di 38 Paesi hanno firmato la Dichiarazione di Madrid che chiede l’eliminazione dei PFC da tutti i beni di consumo.

Fonte: Greenpeace

Approfondimenti

Precedente

Prossimo