Greenpeace, un rapporto sull’impatto delle microplastiche in mare

Pubblicato da Greenpeace un nuovo rapporto sull’impatto delle microplastiche – incluse le microsfere – su pesci, molluschi e crostacei e sui rischi di contaminazione di tutta la catena alimentare, dal mare alle tavole degli italiani.

La presenza di frammenti di plastica negli oceani è un problema noto da tempo e sempre più drammatico. Mentre la produzione globale di plastica aumenta in modo esponenziale – 204 tonnellate nel 2002, 299 tonnellate nel 2013 – i mari italiani sono sempre più inquinati e la salute degli organismi marini sempre più a rischio.

I frammenti di plastica più piccoli sono quelli più pericolosi: a causa delle ridotte dimensioni – diametro o lunghezza inferiore ai 5 mm – le microplastiche possono essere involontariamente ingerite da un numero enorme di organismi e possono assorbire più contaminanti tossici (a parità di peso) dei frammenti di maggiori dimensioni.

Con il nuovo rapporto “La plastica nel piatto, dal pesce ai frutti di mare” si mettono in evidenza i risultati di recenti ricerche scientifiche sugli impatti delle microplastiche su pesci, molluschi e crostacei.

Le microplastiche possono essere prodotte dall’industria (come le microsfere utilizzate in molti prodotti cosmetici o per l’igiene personale) o derivare dalla degradazione in mare di oggetti di plastica più grandi per effetto del vento, del moto ondoso o della luce ultravioletta.

Gli organismi marini possono ingerirle in diversi modi: gli organismi filtratori, come le cozze, le vongole e le ostriche, possono semplicemente contaminarsi con l’acqua che filtrano per nutrirsi, mentre i pesci possono ingerirle sia direttamente, scambiandole per prede, che attraverso il consumo di prede contaminate. In entrambi i casi le conseguenze sono gravi: possono verificarsi lesioni negli organi dove avviene l’accumulo o trasferimento di contaminanti tossici dai frammenti di plastica ai tessuti degli organismi che li ingeriscono.

La contaminazione poi può risalire la catena alimentare e arrivare dritta sulle tavole degli italiani. Gli studi scientifici che riguardano il possibile effetto tossicologico generato dall’ingestione di cibo contaminato con microplastiche nell’uomo sono ancora agli albori, ma il rischio che attraverso l’alimentazione si possano ingerire microplastiche è assai concreto soprattutto nel caso dei molluschi, che sono consumati interi.

La situazione è grave e occorre agire subito applicando il principio di precauzione. Greenpeace chiede al Parlamento di adottare al più presto il bando alla produzione e uso di microsfere di plastica in Italia e su iniziativa dell’associazione Marevivo è stata già presentata una proposta di legge. Si tratta di una misura necessaria per fermare al più presto il consumo umano di questi materiali.

Fonte: Greenpeace

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