Il buco nello strato di ozono dell’Antartide si sta chiudendo

La conferma arriva da una ricerca pubblicata su Science da un gruppo di scienziati dell’Università di Leeds (UK) e del Massachusetts Institute of Technology di Boston (Mit). Secondo i ricercatori, il buco si chiuderà del tutto entro il 2050.

La notizia era attesa da decenni. Il buco nello strato di ozono dell’Antartide si sta finalmente chiudendo. La conferma arriva da una ricerca pubblicata su Science da un gruppo di scienziati dell’Università di Leeds (UK) e del Massachusetts Institute of Technology di Boston (Mit). Secondo i ricercatori, il buco si chiuderà del tutto entro il 2050.

L’ozono (O3) è un gas presente nella stratosfera a un’altitudine di 10-50 chilometri. La molecola è importantissima per schermare la superficie terrestre e quindi per proteggere noi stessi dalle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole.
Il buco dell’ozono, cioè la diminuzione di O3 nell’atmosfera, fu scoperto negli anni Ottanta in corrispondenza del Polo Sud. La causa venne attribuita all’emissione di alcuni gas, tra cui giocavano un ruolo importante i clorofluorocarburi (Cfc), usati per esempio nei frigoriferi.

Adesso la nuova scoperta mostra che la dimensione media del buco dell’ozono nel Polo Sud è diminuita significativamente a partire dall’anno 2000. Stando alle misurazioni degli scienziati, effettuate continuativamente per 15 anni nel mese di settembre, il buco si sarebbe rimpicciolito di circa 4 milioni di chilometri quadrati in meno, pari a 18 volte la superficie del Regno Unito. Ogni anno il buco dell’ozono cresce a partire dal mese di agosto e raggiunge il suo picco in ottobre, per questo motivo le dimensioni misurate nel mese di settembre sono molto indicative.
“Sia le nostre osservazioni che i modelli matematici concordano sul fatto che il buco dell’ozono si sta inesorabilmente chiudendo” ha puntualizzato Ryan Neely, docente di Scienza dell’Osservazione Atmosferica all’Università di Leeds.

Secondo i ricercatori il successo è dovuto all’applicazione dei divieti sanciti dal Protocollo di Montreal, che nel 1987 bandì l’utilizzo di molte sostanze ritenute a rischio, tra cui c’erano appunto i Cfc utilizzati nei frigoriferi e in altri prodotti industriali.
“Siamo convinti che le contromisure di Montreal stanno dando i loro frutti” ha commentato Susan Solomon del Mit, che ha guidato la ricerca. “All’epoca decidemmo tutti insieme, come cittadini del mondo, di liberarci per sempre da alcune sostanze che minacciavano l’ambiente”. La cura, affermano gli scienziati, avrebbe funzionato.
E il pianeta, fortunatamente, sta rispondendo bene alla terapia.

Approfondimenti

Precedente

Prossimo