Il 13 novembre scorso, il Ministro Cesare Damiano ha presentato, in occasione di una conferenza stampa, il Dossier Occupazione e forme di lavoro precario curato dal Coordinamento delle attività statistiche del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
Lobiettivo dello studio è stato sottolineato è di fare chiarezza sulle nuove forme di occupazione, definendo i contorni quantitativi e qualitativi del fenomeno. Il dossier è stato realizzato utilizzando dati affidabili e certificati: quelli occupazionali dellindagine Istat sulle forze del lavoro del 2006 e quelli amministrativi degli archivi Inps.
Tra le anticipazioni tratte dal dossier, lelemento che sembra emergere in modo preoccupante è non tanto il dato assoluto della precarietà, quanto il fatto che le attuali forme di flessibilità non sembrano garantire, dopo il primo accesso a termine, un percorso lavorativo di conversione in lavoro stabile.
E proprio nella difficoltà di consentire unuscita dal lavoro precario per più di un quarto di colore che accedono con queste forme al mercato del lavoro, che vi è unanomalia da correggere nel funzionamento del lavoro del mercato italiano.
Una panoramica sui dati relativi alloccupazione: in Italia sono 2.719.000 i lavoratori con contratti a termine nel 2006, pari al 13,1% dei dipendenti totali, una percentuale che se anche al di sotto della media europea si caratterizza per unincidenza particolare su alcune figure sociali (giovani e donne), per la presenza (a differenza degli altri paesi) di unarea di precariato anche nel lavoro autonomo (collaborazioni e prestazioni occasionali); tra i contratti a termine si riscontra, inoltre, una percentuale piuttosto alta di occupati anche a part-time rispetto alla media degli occupati.
Lindagine evidenzia, infine, come i lavoratori dipendenti a termine non agricoli che si trovano ancora in una situazione di flessibilità dopo 36 mesi dal primo contratto, siano circa un quarto del totale.
In attesa di disporre quanto prima della versione integrale del dossier, riportiamo nel link una sintesi dello stesso.
(LG-FF)
Tra le anticipazioni tratte dal dossier, lelemento che sembra emergere in modo preoccupante è non tanto il dato assoluto della precarietà, quanto il fatto che le attuali forme di flessibilità non sembrano garantire, dopo il primo accesso a termine, un percorso lavorativo di conversione in lavoro stabile.
E proprio nella difficoltà di consentire unuscita dal lavoro precario per più di un quarto di colore che accedono con queste forme al mercato del lavoro, che vi è unanomalia da correggere nel funzionamento del lavoro del mercato italiano.
Una panoramica sui dati relativi alloccupazione: in Italia sono 2.719.000 i lavoratori con contratti a termine nel 2006, pari al 13,1% dei dipendenti totali, una percentuale che se anche al di sotto della media europea si caratterizza per unincidenza particolare su alcune figure sociali (giovani e donne), per la presenza (a differenza degli altri paesi) di unarea di precariato anche nel lavoro autonomo (collaborazioni e prestazioni occasionali); tra i contratti a termine si riscontra, inoltre, una percentuale piuttosto alta di occupati anche a part-time rispetto alla media degli occupati.
Lindagine evidenzia, infine, come i lavoratori dipendenti a termine non agricoli che si trovano ancora in una situazione di flessibilità dopo 36 mesi dal primo contratto, siano circa un quarto del totale.
In attesa di disporre quanto prima della versione integrale del dossier, riportiamo nel link una sintesi dello stesso.
(LG-FF)
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