Il report analizza il ruolo fondamentale che le acque reflue sono in grado di svolgere nel contesto di un’economia circolare, dimostrando che il miglioramento della loro gestione genera benefici sociali, ambientali ed economici essenziali per lo sviluppo sostenibile. In particolare, la relazione cerca di informare i responsabili delle decisioni di governo, della società civile e del settore privato sull’importanza di gestire le acque reflue, risorsa idrica sottovalutata e sostenibile, per produrre energia, per acquisire nutrienti e altri sottoprodotti recuperabili, anziché essere considerate come fardello da smaltire o un fastidio che è meglio ignorare.
Un’ampia percentuale di acque reflue viene immessa nell’ambiente senza alcun tipo di raccolta o di trattamento. Ciò accade in particolare nei Paesi a basso reddito, che trattano mediamente appena l’8% dei reflui domestici e industriali, rispetto al 70% dei Paesi ad alto reddito. Di conseguenza in molte aree del mondo acqua contaminata da batteri, nitrati, fosfati e solventi viene scaricata nei fiumi e nei laghi, finendo quindi negli oceani, con conseguenze negative per l’ambiente e per la salute pubblica.
Il volume di acque reflue da trattare è destinato a crescere considerevolmente negli anni a venire, in particolare nelle città dei Paesi in via di sviluppo con una popolazione in rapida crescita.
L’inquinamento da agenti patogeni presenti nelle escrezioni umane e animali affligge circa un terzo dei fiumi in America Latina, Asia e Africa, mettendo in pericolo la sopravvivenza di milioni di persone. Nel 2012 ci sono state 842.000 morti nei Paesi a reddito medio e basso correlate all’acqua contaminata e a servizi igienico-sanitari inadeguati. La mancanza di processi di trattamento delle acque reflue contribuisce inoltre alla diffusione di alcune patologie tropicali, come la febbre dengue e il colera.
Solventi e idrocarburi prodotti dalle attività industriali e minerarie, come pure lo scarico di nutrienti (nitrati, fosforo e potassio) dovuti all’agricoltura intensiva, accelerano l’eutrofizzazione degli ecosistemi di acque dolci e marini costieri. Si stima che 245.000 km2 di ecosistemi marini – approssimativamente quanto la superficie della Gran Bretagna – siano soggetti a tale fenomeno. Inoltre, lo scarico di acque reflue non trattate favorisce anche la proliferazione di alghe tossiche e contribuisce al declino della biodiversità.
La crescente consapevolezza della presenza di sostanze inquinanti nelle acque reflue, quali ad esempio ormoni, antibiotici, steroidi e interferenti endocrini, conduce a nuove sfide, dato che gli effetti di queste sostanze sull’ambiente e sulla salute non sono ancora stati del tutto chiariti.
L’inquinamento riduce la disponibilità di fonti di acqua dolce, già ridotta tra l’altro a causa dei cambiamenti climatici. Tuttavia le autorità politiche e pubbliche si occupano principalmente delle sfide dell’approvvigionamento idrico, in particolare laddove questo è limitato, trascurando la necessità di gestire l’acqua dopo il suo utilizzo, quantunque si tratti di due questioni strettamente correlate. La raccolta, il trattamento e l’uso sicuro dei reflui costituiscono la base stessa di un’economia circolare, permettendo di equilibrare sviluppo economico e utilizzo sostenibile delle risorse. Le acque depurate costituiscono una risorsa in larga misura sotto sfruttata e che può essere riutilizzata più volte.