Non molto tempo fa, molti paesi OCSE guardavano allimmigrazione di lavoratori come ad un modo di sopperire alla carenza di manodopera e ai previsti cali di popolazione in età di lavoro seguito dellinvecchiamento. Questa doveva essere la nuova era dellimmigrazione di manodopera. Si registravano alti livelli dimmigrazione nei nuovi paesi riceventi dellEuropa meridionale e più estesamente nellArea Economica Europea, a seguito dellallargamento dellUE. Nello stesso periodo, anche i paesi meta tradizionale di insediamento (Australia, Canada, Nuova Zelanda e Stati Uniti) registravano i livelli più alti dimmigrazione negli ultimi decenni.
La crisi economica, comunque, ha interrotto questi trend recenti. I Paesi OCSE ora stanno vivendo la più profonda flessione economica dai tempi della Grande Depressione. Le ultime proiezioni mostrano un crollo del PIL mediamente del 4,3% nellarea OCSE nel 2009; entro la fine del 2010, i tassi di disoccupazione potrebbero arrivare a livelli a due cifre per la prima volta dai primi anni 90.
Il calo dellattività economica sta interessando lavoratori locali e immigrati, ma questi ultimi sono più vulnerabili; gli immigrati nei paesi OCSE stanno sentendo la gravità della svolta sfavorevole: i datori di lavoro sono spesso riluttanti ad assumere immigrati e più pronti a licenziarli, e, c on laumentare della disoccupazione, cè più competizione fra i lavoratori locali in cerca di lavoro: ne consegue che i tassi di disoccupazione tra gli immigrati sono aumentati più che tra i lavoratori nazionali.
Inoltre, le condizioni poste dalle politiche migratorie si stanno facendo più dure: sono stati ridotti i limiti numerici e le liste di lavori disponibili, e i test sul lavoro vengono effettuati con maggiore severità; sono stati introdotti programmi per incoraggiare gli immigrati a tornare nei loro paesi dorigine e sono state rinforzate le misure per combattere limmigrazione irregolare.
Comunque prosegue il Rapporto durante una flessione non scompare tutta la richiesta di manodopera, né si arresta limmigrazione familiare e umanitaria; si continuerà ad avere bisogno di un certo numero di lavoratori immigrati. Limmigrazione non è un rubinetto che si può aprire e chiudere a comando. Nellaffrontare la crisi del lavoro, i governi devono assicurarsi che gli immigrati non cadano vittime di una crescente xenofobia e che le pratiche discriminatorie non peggiorino una situazione già difficile per loro. I programmi dintegrazione devono essere mantenuti e rafforzati. Il principio delle pari opportunità non deve essere applicato solo quando va tutto bene.
Con linizio della ripresa economica, che potrebbe prendere un podi tempo, si riaffermeranno le pressioni sul mercato del lavoro e i flussi di migrazione internazionale torneranno verosimilmente alla ribalta come parte della loro soluzione. La migrazione internazionale rimarrà un aspetto importante delleconomi globale, come rimarranno da affrontare le difficoltà di gestione che cerano prima della flessione. Ecco perché i governi che nellaffrontare la recessione hanno fattorizzato in questioni a più lungo termine si troveranno in una posizione migliore per mobilizzare la migrazione di manodopera e le competenze degli immigrati a supporto di una rinnovata crescita e prosperità.
Tra le altre cose, questo significa che un sistema dimmigrazione in grado di soddisfare efficacemente il fabbisogno del mercato del lavoro può ridurre limmigrazione e loccupazione irregolare o dirottarle in canali legali e può assicurare migliori risultati positivi per nuovi immigrati e per i loro figli.
(LG-FF)