Il Rapporto OCSE-SOPEMI 2009 sulle prospettive delle migrazioni internazionali.

Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), quale Organismo Nazionale di Coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri ha presentato, il 22 settembre 2009, il Rapporto OCSE-SOPEMI 2009 sulle prospettive delle migrazioni internazionali.Ricordiamo che la traduzione in lingua italiana dell’estratto del Rapporto annuale 2009 (International Migration Outlook 2009), pubblicato dal Spemi (Sistema di Osservazione Permanente sull migrazioni).

Nella Introduzione al Rapporto, dal titolo “Impegno nel presente, preparazione del futuro”, si legge:

“Non molto tempo fa, molti paesi OCSE guardavano all’immigrazione di lavoratori come ad un modo di sopperire alla carenza di manodopera e ai previsti cali di popolazione in età di lavoro seguito dell’invecchiamento. Questa doveva essere la nuova era dell’immigrazione di manodopera. Si registravano alti livelli d’immigrazione nei nuovi paesi riceventi dell’Europa meridionale e più estesamente nell’Area Economica Europea, a seguito dell’allargamento dell’UE. Nello stesso periodo, anche i paesi meta tradizionale di insediamento (Australia, Canada, Nuova Zelanda e Stati Uniti) registravano i livelli più alti d’immigrazione negli ultimi decenni.

La crisi economica, comunque, ha interrotto questi trend recenti. I Paesi OCSE ora stanno vivendo la più profonda flessione economica dai tempi della Grande Depressione. Le ultime proiezioni mostrano un crollo del PIL mediamente del 4,3% nell’area OCSE nel 2009; entro la fine del 2010, i tassi di disoccupazione potrebbero arrivare a livelli a due cifre per la prima volta dai primi anni ’90.
Il calo dell’attività economica sta interessando lavoratori locali e immigrati, ma questi ultimi sono più vulnerabili; gli immigrati nei paesi OCSE stanno sentendo la gravità della svolta sfavorevole: i datori di lavoro sono spesso riluttanti ad assumere immigrati e più pronti a licenziarli, e, c on l’aumentare della disoccupazione, c’è più competizione fra i lavoratori locali in cerca di lavoro: ne consegue che i tassi di disoccupazione tra gli immigrati sono aumentati più che tra i lavoratori nazionali.

Inoltre, le condizioni poste dalle politiche migratorie si stanno facendo più dure: sono stati ridotti i limiti numerici e le liste di lavori disponibili, e i test sul lavoro vengono effettuati con maggiore severità; sono stati introdotti programmi per incoraggiare gli immigrati a tornare nei loro paesi d’origine e sono state rinforzate le misure per combattere l’immigrazione irregolare.

Comunque – prosegue il Rapporto – durante una flessione non scompare tutta la richiesta di manodopera, né si arresta l’immigrazione familiare e umanitaria; si continuerà ad avere bisogno di un certo numero di lavoratori immigrati. L’immigrazione non è un rubinetto che si può aprire e chiudere a comando. Nell’affrontare la crisi del lavoro, i governi devono assicurarsi che gli immigrati non cadano vittime di una crescente xenofobia e che le pratiche discriminatorie non peggiorino una situazione già difficile per loro. I programmi d’integrazione devono essere mantenuti e rafforzati. Il principio delle pari opportunità non deve essere applicato solo quando va tutto bene.

Con l’inizio della ripresa economica, che potrebbe prendere un po’di tempo, si riaffermeranno le pressioni sul mercato del lavoro e i flussi di migrazione internazionale torneranno verosimilmente alla ribalta come parte della loro soluzione. La migrazione internazionale rimarrà un aspetto importante dell’economi globale, come rimarranno da affrontare le difficoltà di gestione che c’erano prima della flessione. Ecco perché i governi che nell’affrontare la recessione hanno fattorizzato in questioni a più lungo termine si troveranno in una posizione migliore per mobilizzare la migrazione di manodopera e le competenze degli immigrati a supporto di una rinnovata crescita e prosperità.

Tra le altre cose, questo significa che un sistema d’immigrazione in grado di soddisfare efficacemente il fabbisogno del mercato del lavoro può ridurre l’immigrazione e l’occupazione irregolare – o dirottarle in canali legali – e può assicurare migliori risultati positivi per nuovi immigrati e per i loro figli.

(LG-FF)

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