IPBES, rapporto su pandemia e biodiversità

Elaborato da esperti mondiali di biodiversità, il documento spiega le cause del Covid-19 e propone soluzioni per uscire dall’era delle pandemie.

Nuove pandemie potrebbero affiorare con maggiore frequenza in futuro, propagarsi più rapidamente, causare più danni alle economie mondiali e più morti del Covid-19. A meno che non ci sia un cambio trasformazionale («transformative change») nel modo in cui affrontiamo a scala globale le malattie infettive, privilegiando la prevenzione invece che attendere lo scoppio di zoonosi e altre malattie e reagire.

Sono queste le conclusioni del rapporto pubblicato a fine ottobre da IPBES. Il documento dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, massima autorità scientifica su natura e biodiversità, descrive in modo dettagliato i nessi tra declino della biodiversità e pandemie.

Sei pandemie nel Novecento, cosa ci possiamo aspettare per il prossimo secolo?

A partire dal COVID-19, la sesta pandemia sanitaria globale dai tempi della Grande Pandemia Influenzale del 1918. Anche in questo caso ci sono di mezzo patogeni trasmessi dagli animali, ma mai come in questo caso la scoppio della pandemia è stata determinata dalle attività umane. “Non c’è un grande mistero sulla causa della pandemia Covid-19 – o di qualsiasi pandemia moderna – ha affermato Peter Daszak, presidente di EcoHealth Alliance, uno degli autori principali del rapporto IPBES – Le attività umane che causano il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità sono le stesse che, attraverso i loro impatti sul nostro ambiente, conducono al rischio di pandemia. I cambiamenti nell’uso del territorio, l’espansione e l’intensificazione dell’agricoltura e del commercio, la produzione e il consumo non sostenibili stanno sconvolgendo la natura e aumentando il contatto tra fauna selvatica, animali allevati, agenti patogeni e persone. Questo è il percorso verso le pandemie”.

Il rapporto afferma che l’aumento delle malattie emergenti è legato al «recente aumento esponenziale dei consumi e del commercio, guidato dalla domanda nei paesi sviluppati e nelle economie emergenti, nonché dalla pressione della popolazione in aumento. L’ultimo secolo è stato un periodo di cambiamento ecologico senza precedenti, con drastiche riduzioni degli ecosistemi naturali e della biodiversità e altrettanto drammatici aumenti di persone e animali domestici.

Cos’è la zoonosi?

Mai prima d’ora il pianeta ha ospitato così tanti animali domestici o d’allevamento e da così tanti umani. E mai prima d’ora sono esistite così tante circostanze per i patogeni di passare dagli animali selvatici, domestici e domesticati alle persone, attraverso l’ambiente biofisico, causando malattie conosciute come zoonosi.

Circa il 60% di tutte le malattie infettive negli esseri umani sono zoonotiche, così come il 75% di tutte le malattie infettive emergenti. In media, secondo il nuovo rapporto IPBES, una nuova malattia infettiva emerge nell’uomo ogni quattro mesi. Molte provengono dalla fauna selvatica. Il bestiame spesso funge da ponte epidemiologico tra fauna selvatica e infezioni umane. Questo è particolarmente vero per il bestiame allevato in modo intensivo, le cui mandrie o greggi—essendo allevate per caratteristiche di produzione piuttosto che per resistenza alle malattie—mancano di quel grado di diversità genetica che fornisce resistenza e resilienza alle infezioni. Un esempio di bestiame che agisce come un “ponte della malattia” è il caso dell’influenza aviaria, i cui virus prima circolavano negli uccelli selvatici, poi hanno infettato il pollame domestico e da qui anche gli umani.

Fonte: SNPA

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