ISS, inquinamento e cambiamenti climatici aumentano il potenziale allergenico dei pollini

Il risultato di uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, recentemente pubblicato, dimostra che alcuni inquinanti atmosferici in combinazione con i cambiamenti climatici possono indurre nei pollini un aumento del loro potenziale allergenico. Gli autori hanno elaborato il concetto di potenziale allergico dei pollini (PAP) consistente in un punteggio che tiene conto dei diversi parametri immunologici influenzati dalla presenza del polline.

Alcuni inquinanti atmosferici in combinazione con i cambiamenti climatici possono indurre nei pollini un aumento del loro potenziale allergenico, costituendo un rischio per la salute respiratoria. E’ questo il risultato di uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicato di recente su “Annals of Allergy, Asthma & Immunology”. Gli autori hanno elaborato il concetto di potenziale allergico dei pollini (PAP) consistente in un punteggio (score) che tiene conto dei diversi parametri immunologici influenzati dalla presenza del polline nell’ambito di test in vivo o in vitro.

“Lo studio – afferma Claudia Afferni, ricercatore del Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie e Immuno-mediate dell’ISS e autrice dello studio insieme con il Prof. Gennaro D’Amato – raccoglie per la prima volta dati che evidenziano gli effetti di alcuni inquinanti atmosferici, quali ozono, ossido nitrico, anidride carbonica e materiali particolati derivati da traffico veicolare, e alcuni stress climatici come disidratazione o repentine variazioni di temperatura e pressione atmosferica su pollini di piante allergeniche. L’analisi di questi dati rivela che molti inquinanti sono in grado di indurre nei pollini un aumento nella espressione di proteine allergeniche o di sostanze dotate di attività immunomodulatoria”.

Utilizzando il PAP come un ulteriore indicatore ambientale di rischio per la salute respiratoria si potrebbero individuare nuove soglie di inquinanti, rilevanti per la popolazione pediatrica predisposta geneticamente. Di particolare attualità risulta inoltre il dato che alcuni cambiamenti climatici possono aumentare molto rapidamente il rilascio di allergeni pollinici provocando casi improvvisi di asma allergico severo, la cosiddetta “asma da tempesta”.

Un caso molto recente di questo fenomeno è stato riportato dal giornale The Guardian che ha pubblicato lo scorso novembre la notizia di un’emergenza sanitaria senza precedenti. Circa 8.500 persone in due giorni si sono presentate in pronto soccorso con sintomi gravi di asma allergica a Melbourne in Australia. Sei di queste persone sono decedute in seguito ai sintomi non controllabili. Nell’articolo del The Guardian viene riportata una intervista al Prof. Gennaro D’Amato, il maggior esperto e studioso a livello mondiale di questo fenomeno. Come spiegato nell’intervista l’asma da tempesta sembra provocata dalla liberazione massiccia nell’aria di particelle submicroniche provviste di allergeni derivanti dai pollini. I pollini infatti vengono trascinati dalle forti correnti ascensionali delle tempeste, fino alla base delle nuvole dove il grado elevato di umidità determina la rottura del granulo e la fuoriuscita delle particelle submicroniche. Subito dopo tali particelle sono velocemente trascinate a livello del suolo dalle forti correnti discensionali delle stesse tempeste. A causa del piccolo diametro le particelle sub microniche penetrano più profondamente nei polmoni rispetto al polline intero e pertanto sono in grado di provocare più facilmente attacchi di asma nei soggetti allergici.

L’Accademia Europea per le allergie e l’immunologia clinica (EAACI), stima che attualmente in Europa 30 milioni di individui tra bambini e giovani adulti di età inferiore ai 40 anni sono affetti da asma, con una prevalenza variabile nei diversi paesi europei tra 1% e 18% circa della popolazione generale. La stessa EAACI sostiene inoltre che tra meno di 15 anni più del 50% della intera popolazione europea soffrirà di qualche tipo di allergia.

Fonte: ISS

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