ISS: rapporto sulle piante geneticamente modificate

Le biotecnologie potrebbero dare un contributo per il recupero di varietà vegetali a rischio di estinzione. Secondo l’analisi portata avanti dall’Istituto Superiore di Sanità, tutte le piante geneticamente modificate vanno valutate caso per caso.

Il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità “Piante geneticamente modificate: queste sconosciute?” analizza lo stato attuale delle conoscenze scientifiche su questi organismi, sia per quanto riguarda la sicurezza d’uso che il loro rilascio nell’ambiente.

Nella corposa introduzione allo studio viene proposto un excursus storico per ricordare che è stato l’uomo stesso, nel tempo, a modificare a più riprese le piante coltivate, tanto che oggi ogni vegetale coltivato è solo un lontano discendente di una o più specie selvatiche; a questo intervento si sono poi aggiunte le mutazioni e le ibridazioni spontanee.
I nostri antenati, infatti, attraverso un processo di selezione accurata, hanno modificato significativamente il fenotipo/genotipo delle piante, agendo selettivamente su alcuni caratteri come la riduzione del tempo di maturazione o l’aumento della dimensione di semi e frutti, solo per citarne alcuni.
Inoltre, questo “addomesticamento” delle piante, insieme a quello degli animali, ha condotto l’uomo ad essere stanziale, svincolandolo dall’urgenza del procacciarsi il cibo.
Secondo i relatori, quindi, l’uso dell’ingegneria genetica nella produzione di piante geneticamente modificate (PGM) dovrebbe essere considerato come un miglioramento rispetto alle grossolane tecniche di selezione utilizzate fino ad oggi: l’introduzione diretta di uno o più geni, scelti per le loro caratteristiche, permette, infatti, modifiche più sicure, ma nonostante questo, ancora oggi, parlare di PGM genera in molti una paura incontrollata nella convinzione che i prodotti “naturali” siano, in ogni caso, più sicuri.

Secondo l’analisi portata avanti dall’ISS, tutte le PGM vanno valutate caso per caso confrontando tra loro le stesse varietà agrarie di piante prodotte con l’ingegneria genetica, con quelle usate nell’agricoltura convenzionale e nell’agricoltura biologica.
Ad oggi, in letteratura, non si riscontrano effetti negativi per la salute umana derivanti dal consumo di alimenti GM, mentre dal punto di vista dell’impatto ambientale, l’uso di PGM resistenti agli erbicidi ha favorito la nascita di piante infestanti resistenti agli stessi.

A fronte di queste osservazioni, lo studio afferma che la convinzione che esista incompatibilità tra la produzione di alimenti tipici di qualità e la coltivazione di PGM non è del tutto corretta dato che l’uso delle biotecnologie potrebbe dare un contributo decisivo per recuperare varietà vegetali a rischio di estinzione e produrre nuove varietà interessanti dal punto di vista nutrizionale o ambientale.

Fonte: ARPAT

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