ISTAT, in Italia si perde il 42 per cento dell’acqua potabile immessa nelle reti di distribuzione

Il report “Censimento delle acque per uso civile”, con i dati 2018, evidenzia un aumentano delle perdite idriche in distribuzione pari al 42% del volume di acqua immesso in rete. In calo i gestori dei servizi idrici ma la gestione appare ancora fortemente frammentata; i prelievi di acqua per uso potabile registrano una flessione per la prima volta negli ultimi vent’anni; è assente il servizio pubblico di fognatura in 40 comuni.

Report ISTAT
CENSIMENTO DELLE ACQUE PER USO CIVILE – dati anno 2018

Nel 2018, il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua, calcolato come differenza tra i volumi immessi in rete e i volumi erogati, è pari a 3,4 miliardi di metri cubi.
Complessivamente si perde il 42,0% dell’acqua immessa in rete. Nello specifico, le perdite totali si compongono delle seguenti tipologie: una parte fisiologica, che incide inevitabilmente su tutte le infrastrutture idriche, che varia generalmente tra il 5% e il 10%; una parte fisica associata al volume di acqua che fuoriesce dal sistema di distribuzione a causa di vetustà degli impianti, corrosione, deterioramento o rottura delle tubazioni o giunti difettosi, componente prevalente soprattutto in alcune aree del territorio; una parte amministrativa, che determina anche una perdita economica per l’ente, legata a errori di misura dei contatori (volumi consegnati ma non misurati, a causa di contatori imprecisi o difettosi) e ad allacci abusivi (volumi utilizzati senza autorizzazione), stimata intorno al 3-5%. La presenza di perdite è anche direttamente proporzionale al numero di allacci e all’estensione della rete.
In riferimento all’acqua prelevata dalle fonti di approvvigionamento, le perdite idriche totali in
distribuzione ne rappresentano una quota pari al 37,2%.

Rispetto al 2015 si registra un leggero incremento delle perdite totali percentuali di rete, pari a circa mezzo punto (erano il 41,4%), a conferma della grave inefficienza dell’infrastruttura idropotabile.
Le perdite d’acqua in distribuzione rappresentano uno dei principali problemi per una gestione efficiente e sostenibile dei sistemi di approvvigionamento idrico, con ripercussioni ambientali (spreco di risorsa), energetiche (aumento dei consumi energetici per gli impianti di sollevamento), finanziarie (danni economici per l’ente gestore che non riscuote su tutta l’acqua distribuita), sociali (disagi per sospensione o riduzione negli apporti idrici e per difficoltà derivanti dai lavori stradali per riparazione).
Nonostante molti gestori del servizio idrico si siano impegnati negli ultimi anni in diverse attività per minimizzare le perdite e garantire una maggiore capacità di misurazione dei consumi (attraverso un più assiduo monitoraggio del parco contatori e l’installazione di misuratori dove assenti), in Italia la dispersione in rete continua a rappresentare un volume cospicuo, quantificabile in 156 litri al giorno per abitante. Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2018 soddisferebbe le esigenze idriche di circa 44 milioni di persone per un intero anno.
Le perdite di rete determinano una rischiosa pressione sulla disponibilità della risorsa idrica, già molto condizionata da periodi di scarsità idrica e da episodi di inquinamento sempre più diffusi e frequenti.

Sebbene le perdite abbiano un andamento territoriale molto variabile, l’infrastruttura di rete è meno efficiente nei distretti idrografici della fascia appenninica e insulare. I valori più alti si rilevano nei distretti Sardegna (51,2%) e Sicilia (50,5%), seguiti dai distretti Appennino centrale (48,4%) e Appennino meridionale (48,0%); quasi in linea con il dato nazionale il distretto Appennino settentrionale (42,1%).
Nel distretto del fiume Po l’indicatore raggiunge, invece, il valore minimo, pari al 31,7% del volume immesso in rete; poco inferiore al dato nazionale anche il distretto Alpi orientali (40,3%).
Una regione su due ha perdite idriche totali in distribuzione superiori al 45%. Le situazioni più critiche si concentrano soprattutto nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno, con i valori più alti in Abruzzo (55,6%), Umbria (54,6%) e Lazio (53,1%).

Fonte: ISTAT

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