ISTAT, presentato il report sul reddito e sulle condizioni di vita delle famiglie relativo agli anni 2021-2022

Nel 2022 poco meno di un quarto della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale, quasi come nel 2021, tuttavia, con la ripresa dell’economia si riduce significativamente la popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale. Nel 2021 il reddito medio delle famiglie è tornato a crescere sia in termini nominali sia in termini reali e il reddito totale delle famiglie più abbienti è mediamente 5,6 volte quello delle famiglie più povere (rapporto sostanzialmente stabile rispetto al 2020) ma tale valore sarebbe stato più alto in assenza di interventi di sostegno alle famiglie.

 

Nel 2022, il 20,1% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di povertà (circa 11 milioni e 800mila individui) avendo avuto, nell’anno precedente l’indagine, un reddito netto equivalente, senza componenti figurative e in natura, inferiore al 60% di quello mediano (ossia 11.155 euro). A livello nazionale la quota di popolazione a rischio di povertà rimane uguale all’anno precedente (20,1%).
Il 4,5% della popolazione (circa 2 milioni e 613mila individui) si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale, ossia presenta almeno sette segnali di deprivazione dei tredici individuati dal nuovo indicatore (Europa 2030). Rispetto al 2021 (la quota era del 5,9%) vi è una decisa riduzione delle condizioni di grave disagio, grazie alla ripresa dell’economia dopo la crisi pandemica e l’incremento dell’occupazione e dei redditi familiari. La riduzione della percentuale di popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale è marcata al Nord-ovest e al Centro. Inoltre, il 9,8% degli individui vive in famiglie a bassa intensità di lavoro (indicatore Europa 2030), ossia con componenti tra i 18 e i 64 anni che nel 2021 hanno lavorato meno di un quinto del tempo, percentuale in riduzione rispetto al 10,8% del 2021, come conseguenza delle migliori condizioni del mercato del lavoro.
La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (indicatore composito Europa 2030), ovvero la quota di individui che si trova in almeno una delle suddette tre condizioni (riferite a reddito, deprivazione e intensità di lavoro), è pari al 24,4% (circa 14 milioni 304mila persone), pressocchè stabile rispetto al 2021 (25,2%). Questo andamento sintetizza la sensibile riduzione della popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale, grazie alla ripresa economica, con una quota di popolazione a rischio di povertà uguale all’anno precedente.
Nel 2022 la riduzione della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale interessa tutte le ripartizioni ad eccezione del Mezzogiorno, che rimane l’area del paese con la percentuale più alta di individui a rischio (40,6%, come nel 2021). In questa ripartizione l’indicatore composito rivela un aumento della quota di individui a rischio di povertà (33,7% rispetto al 33,1% del 2021) e il segnale positivo della riduzione della quota di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (17,1% rispetto al 19,5% del 2021). A livello regionale si osserva un deciso miglioramento per la Campania e la Sicilia, con la riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale, trainato da una sensibile riduzione di tutti e tre gli indicatori (rischio di povertà, grave deprivazione e bassa intensità di lavoro). Tuttavia, il rischio di povertà o esclusione sociale aumenta in Puglia, Sardegna e Calabria; in queste ultime due regioni peggiorano i tre indicatori e soprattutto aumentano la bassa intensità di lavoro e la grave deprivazione.
Al Nord vi è un deciso miglioramento delle condizioni di vita e dei livelli reddituali delle famiglie; in particolare, il Nord-est si conferma la ripartizione con la minore quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale del paese (12,6% rispetto al 14,2% del 2021). Nella provincia autonoma di Trento, in Emilia Romagna e Veneto si osserva una forte riduzione del rischio di povertà e nelle ultime due regioni anche della bassa intensità di lavoro. In controtendenza la provincia autonoma di Bolzano, dove aumenta il rischio di povertà o esclusione sociale. Il rischio si riduce anche nel Nord-ovest (16,1% rispetto al 17,4% del 2021); in particolare, in Lombardia si riduce la grave deprivazione materiale e sociale e in Piemonte migliorano i tre indicatori. In Liguria, invece aumentano il rischio di povertà e la bassa intensità di lavoro.
Anche al Centro si riduce la popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (19,6% rispetto a 20,4% del 2021), per la riduzione in particolare della grave deprivazione materiale e sociale mentre aumenta l’indicatore di bassa intensità di lavoro. A livello regionale, in Toscana migliorano tutti e tre gli indicatori, in Umbria si riduce il rischio di povertà, mentre nelle Marche e nel Lazio aumentano il rischio di povertà e la bassa intensità di lavoro.

CONDIZIONI DI VITA E REDDITO DELLE FAMIGLIE – ANNI 2021-2022
CONDIZIONI DI VITA
Diminuisce la grave deprivazione materiale e sociale
Si riduce il rischio di povertà o esclusione sociale per le famiglie numerose
REDDITI DELLE FAMIGLIE
I redditi familiari tornano a crescere dopo la pandemia
Si riducono i redditi da trasferimenti pubblici legati all’emergenza sanitaria
DISUGUAGLIANZA
Stabile il divario tra il quinto più ricco e il quinto più povero della popolazione
LE MISURE EMERGENZIALI DI SOSTEGNO AL REDDITO
Più che dimezzato il ricorso alla cassa integrazione con causale Covid-19
Spesa sociale netta per integrazioni salariali Covid-19 ridotta di oltre un terzo
Si restringe sensibilmente la platea dei beneficiari del bonus 600/1.000/2.400 euro
Si assottiglia il numero dei titolari del bonus baby-sitting: 42mila genitori nel 2021
In rapida ascesa il reddito di emergenza: +56% le famiglie raggiunte nel 2021
Più di 1,5 milioni di famiglie hanno percepito il reddito di cittadinanza
Nel 2021 il 15% delle famiglie fruisce di misure di sostegno straordinarie Covid-19
Le misure sostengono il recupero dei redditi e riducono la disuguaglianza

Fonte: ISTAT

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