Italia 1.5, il piano di Greenpeace per salvare il clima e arrivare a emissioni zero

Greenpeace lancia “Italia 1.5”. Una rivoluzione energetica all’insegna della transizione verso le rinnovabili e della totale decarbonizzazione del Paese che permetterebbe all’Italia di rispettare gli accordi di Parigi, diventando a emissioni zero, con vantaggi economici, occupazionali e di indipendenza energetica.

Mentre sono ancora in corso gli Stati generali dell’economia per pianificare l’uso dei fondi UE destinati al rilancio post-Covid, Greenpeace presenta “Italia 1.5”, una rivoluzione energetica all’insegna della transizione verso le rinnovabili e la totale decarbonizzazione del Paese. Un piano che permetterebbe all’Italia di rispettare gli accordi di Parigi, diventando a emissioni zero, con vantaggi economici e occupazionali, oltre che in fatto di indipendenza energetica.

Grenpeace partendo da questa domanda: è davvero possibile adottare un piano energia e clima che preveda l’abbandono di tutte le fonti più vecchie e inquinanti, come carbone, gas e petrolio, già al 2040? ha commissionato uno studio all’Institute for Sustainable Future di Sydney (ISF), affinché potesse applicare all’Italia lo stesso modello energetico che era stato usato dalla Fondazione Di Caprio per lo scenario globale.

Il risultato, frutto della collaborazione dell’ISF con il DLR tedesco (Istituto di Termodinami- ca dell’Agenzia spaziale tedesca) e l’Università di Melbourne, è stato sorprendente: la Rivoluzione Energetica non solo è fattibile, ma se fosse messa in pratica sarebbe in grado di contrastare i cambiamenti climatici auto-finanziandosi. In poche parole, l’Italia potrebbe diventare green e rinnovabile al 100% e “a costo 0” entro il 2040.

Nel lavoro ci sono due scenari – uno con il traguardo di emissioni zero dell’Italia al 2040, uno, più lento, con una decarbonizzazione totale al 2050 – e vengono messi a confronto con lo scenario contemplato dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), consegnato dal governo all’UE a inizio 2020.

Fonte: Greenpeace

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