L’Europa condanna l’Italia in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento.

La Corte di giustizi europea, con la Causa C-50/10 Commissione europea/Italia ha condannato l’Italia in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento, conseguentemente ai mancati controlli sugli impianti carenti.

La sentenza di condanna emessa dalla Corte di Giustizia nella causa C-50-10 fa perno sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, affermando che: “L’Italia, non avendo adottato le misure necessarie affinché le autorità competenti controllino, attraverso autorizzazioni rilasciate a norma della direttiva IPPC 2008/81/CE, ovvero mediante il riesame e l’aggiornamento delle prescrizioni, che gli impianti esistenti funzionino secondo i requisiti imposti dalla stessa, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva”.

La direttive IPPC (Integrated pollution prevention and control) ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrale dell’inquinamento proveniente da un’ampia gamma di attività industriali ed è diretta a conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso.Gli Stati membri dovevano adottare le misure necessarie affinché le autorità competenti vigilassero, mediante autorizzazioni, affinché entro il 30 ottobre 2007, gli impianti esistenti funzionassero secondo i requisiti della medesima direttiva. La Commissione afferma che alla scadenza del termine del 30 ottobre 2007, numerosi impianti funzionavano senza essere dotati dell’autorizzazione e tale situazione persisteva allo scadere del termine previsto nel parere motivato del 2 aprile 2009. Da una nota dell’Italia del 14 aprile 2009 emerge che le autorità competenti non erano neppure in possesso di tutte le informazioni relative al numero di impianti presenti sul territorio nazionale e alle loro attività.

Tra marzo 2005 e febbraio 2007, la Commissione europea ha attirato l’attenzione degli Stati membri sulla necessità di rispettare la s cadenza del termine per quanto riguarda le condizioni di autorizzazione e di controllo del funzionamento degli impianti esistenti ed ha invitato tutti gli Stati membri a fornirle informazioni sul numero totale degli impianti esistenti, di autorizzazioni nuove, riesaminate e aggiornate per tali impianti. L’Italia, spiegano dalla Corte di giustizia europea, ha informato la Commissione dell’adozione del decreto legge n. 180/2007, che ha prorogato al 31 marzo 2008 il termine per l’adeguamento degli impianti esistenti alle disposizioni della direttiva Ippc e ha previsto, in caso di inadempienza delle autorità competenti, l’attivazione urgente del potere sostitutivo dello Stato.
“Alla luce delle informazioni trasmesse, la Commissione ha constatato che molti degli impianti esistenti erano in funzione senza essere dotati dell’autorizzazione”,si legge nella nota della Corte.

Inoltre l’Italia ha trasmesso “i dati disponibili in vari momenti successivi e al 30 ottobre 2009 risultava che su 5.669 impianti esistenti in esercizio, 4.465 erano dotati di autorizzazione integrata ambientale e per i rimanenti 1.204 impianti in esercizio erano in corso procedure di rilascio di autorizzazione integrate ambientali”.

La Corte sottolinea innanzitutto che la data di scadenza per rendere conformi gli impianti esistenti era fissata al 30 ottobre 2007. Dalle informazioni comunicate dall’Italia nel 2009 emerge che “soltanto una parte delle autorizzazioni preesistenti era stata riesaminata e aggiornata, mentre le autorità competenti non avevano ritenuto necessario riesaminare le autorizzazioni di 608 impianti preesistenti”. Tra i vari obblighi che l’Unione europea ha imposto agli Stati membri figura il rilascio dell’autorizzazione integrale ambientale, finalizzato al conseguimento di un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso.

Il riesame delle autorizzazioni preesistenti “consiste in una valutazione approfondita delle condizioni esistenti al momento del rilascio, con la conseguente possibilità di verificare la loro conformità ai requisiti specifici della direttiva IPPC e, quindi, l’eventuale necessità di un aggiornamento”.

(LG-FF)

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