La Campagna Abiti Puliti annuncia una nuova inchiesta che misura il costo delle scarpe in diritti negati

La Campagna Abiti Puliti e Change your Shoes annunciano il lancio della nuova inchiesta “Il vero costo delle nostre scarpe: viaggio nelle filiere produttive di tre marchi globali delle calzature” realizzata dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo (CNMS) e FAIR.

La nuova inchiesta “Il vero costo delle nostre scarpe: viaggio nelle filiere produttive di tre marchi globali delle calzature” realizzata per la Campagna Abiti Puliti e Change your Shoes dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo (CNMS) e FAIR descrive il viaggio compiuto lungo le filiere produttive di tre grandi marchi di calzature mostrando quanto questa industria sia ancora lontana dal rispettare i diritti umani e sindacali degli operai che confezionano le scarpe.

Tale basso livello di rispetto si fa sentire anche nel continente europeo che sta vivendo importanti fenomeni di rilocalizzazione. Questa è uno degli aspetti di novità che emerge dal rapporto. Si definisce reshoring e indica il trasferimento in direzione contraria delle attività produttive precedentemente delocalizzate in Asia (o altri luoghi “low cost”) soprattutto per l’abbassamento del costo del lavoro. L’aumento di produttività, unito a una politica di moderazione salariale, di maggiore flessibilità del lavoro, di maggiore libertà di licenziamento, di relazioni industriali soft affiancate da incentivi e sussidi per attrarre gli investimenti, sta rendendo di nuovo appetibile anche la vecchia Europa che presenta il vantaggio di una mano d’opera ad alta tradizione manifatturiera. Ad essere più interessati al fenomeno sono i paesi dell’Europa dell’Est con salari a volte più bassi di quelli asiatici.

Le reti di produzione globale sono strutturate per incoraggiare la corsa verso il basso e spesso favorire violazioni diffuse dei diritti dei lavoratori. Quando i tempi di consegna sono molto stretti e i prezzi pagati dai marchi talmente bassi da non permettere nemmeno di coprire i costi di produzione dei subfornitori si entra nel mondo oscuro dell’economia informale, popolato da aziende che cercano di risparmiare frodando i propri lavoratori, le autorità fiscali, e il sistema di sicurezza sociale.

In conseguenza di queste relazioni inique vi è una crescente sproporzione tra prezzi e valore reale dei beni assorbita per la maggior dalla distribuzione e dal marchio (che si appropriano di circa il 60% del prezzo finale) che lascia le briciole agli altri attori della catena di fornitura. Questo accade soprattutto dove c’è più opacità, lontano dalla vista dei consumatori. L’inchiesta rivela come la maggior parte dei lavoratori e dei subappaltatori abbia paura di testimoniare, preferendo l’anonimato.

La presenza di cittadini e consumatori bene informati, di media indipendenti, di reti di solidarietà internazionali, sono condizioni fondamentali per ottenere dalle imprese comportamenti responsabili conformi alle tutele previste dalle leggi nazionali, dalle convenzioni internazionali e dai Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGP).

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