La manifestazione europea contro la direttiva “Bolkestein” sui servizi

Il 15 ottobre scorso si è svolta, dopo quella del 15 marzo, una grande manifestazione contro la c.d. Direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi nel mercato interno, un provvedimento che è considerato come un pericolo per le conquiste sociali.

Dopo le manifestazioni che, nei mesi scorsi, in Belgio, Danimarca e Francia ed altri Paesi europei,avevano posto all’attenzione di sindacati , movimenti del volontariato, rappresentanti degli Enti locali gli aspetti negativi della c.d. direttiva Bolkestein, il 15 ottobre scorso a Roma si è svolta una grande manifestazione nazionale contro la proposta dei direttiva europea sui servizi, per affermare il valore irrinunciabile dei servizi pubblici a garanzia dei diritti universali dei cittadini e di quelli dei lavoratori.
Come noto, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno , nota come direttiva Bolkestein dal nome dell’europarlamentare finlandese proponente, è stata presentata dalla Commissione il 13 gennaio 2004 (COM(2004)2 finale) avente l’obiettivo, fra l’altro, di “stabilire un quadro giuridico che elimini gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi tra Stati membri e che garantisca a prestatori e destinatari dei servizi la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato”. In particolare la proposta di direttiva prevede :
-il divieto di alcune prescrizioni giuridiche particolarmente restrittive che possono ancora sussistere nelle legislazioni di alcuni Stati membri;
-il principio del paese d’origine , in base al quale il prestatore è sottoposto unicamente alla legislazione del paese in cui è stabilito e gli Stati membri non devono imporre restrizioni ai servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro e il diritto dei destinatari di utilizzare servizi di altri Stati membri senza che questo venga impedito da misure restrittive del loro paese o da comportamenti discriminatori di autorità pubbliche o di operatori privati.
Sin dal momento in cui la proposta di direttiva è stata presentata al Parlamento europeo, si sono manifestate forti contrarietà all’impianto giuridico della direttiva stessa, suscitando un’opposizione diffusa e trasversale come in poche occasioni è avvenuto nell’UE. A tutti gli effetti, la Bolkestein comporta un tale mutamento di paradigma che chiama in causa l’idea fondativa dell’Unione europea stessa. L’attacco alla percezione del Welfare – ha dichiarato l’europarlamentare Marco Bersani – come un mondo di diritti eguali: il tentativo di costruire un mercato dei servizi completamente liberalizzato; lo smantellamento, attraverso il principio del paese d’origine dei diritti acquisiti del lavoro; infine, il progetto generale di un’Europa a due velocità, in cui i Paesi dell’Est rappresentano sostanzialmente l’esercito industriale di riserva per le “Corporations” dei Paesi dell’Ovest. Tutto quello che è implicitamente ed esplicitamente contenuto nella Direttiva non poteva che suscitare la reazione delle realtà sindacali e associative che da sempre si oppongono alle politiche neoliberiste e pensano che un’altra Europa sia possibile solo a partire dal riconoscimento dei diritti sociali e del lavoro.
Intanto, il voto del Parlamento europeo sulla direttiva Bolkstein previsto il 24 e 25 ottobre, ha subito un rinvio a gennaio 2006, dopo la burrascosa seduta della Commissione parlamentare del mercato interno di martedì 4 ottobre scorso. Infatti, mentre la Commissione si apprestava a votare gli “emendamenti di compromesso”, frutto della mediazione tra i gruppi parlamentari sui temi più controversi della direttiva, i parlamentari popolari, liberali e della destra presentavano nuovi emendamenti volti ad imporre, in via generalizzata, il principio del paese d’origine ed ad impedire ogni limitazione al campo di applicazione della direttiva stessa.

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