“Lavatrici e infortuni sul lavoro: case history” di Michele Montresor

Pubblichiamo l’approfondimento “Lavatrici e infortuni sul lavoro: case history” di Michele Montresor, tecnico della prevenzione dell’ATS Val Padana. L’articolo è disponibile, in via del tutto eccezionale, anche ai non abbonati.

Lavatrici e infortuni sul lavoro: case history

Se anticipassi il motivo dell’abbinamento degli argomenti contenuti nel titolo, invero piuttosto bizzarro, qualcuno potrebbe voltare pagina e passare oltre; invece garantisco che la scelta è stata ponderata ed ha i suoi perché: di seguito, se avrete la pazienza di continuare a leggere, ne scoprirete i motivi.

L’aneddoto
Nell’aprile del 2008 la mia lavatrice Siemens, dopo 19 anni di onorato servizio (una famiglia di 4 persone con 2 bimbi mette a dura prova le macchine meglio progettate e costruite), comincia a fare acqua da tutte le parti (e non si tratta di un eufemismo); decido quindi che è l’ora di cambiarla. Passo ad una Bosch: silenziosa, programmabile, discreta e, all’apparenza solida e duratura.
Conduciamo tutti e 5, io, lei e gli altri instancabili consumatori della macchina per lavaggi, i primi 5 anni di serena e rispettosa convivenza. Dopo di che, silente e impercettibile quasi come un serpente che insidia le caviglie, si insinua un suo comportamento insolito che, alle prime avvisaglie, trova momentanee spiegazioni consolatorie di scarsa efficacia; la lavatrice aveva iniziato, quasi dotata di un’anima esploratrice, a girovagare per la stanza alla ricerca di chissacché. Frequenza e intensità (in aumento) continuarono imperterrite a presentarsi nel mio bagno dove la teutonica attrezzatura lavorava incessantemente, denunciando palesemente che le spiegazioni momentanee delle settimane prima erano assolutamente infondate (carico eccessivo, panni sbilanciati e via discorrendo). Refrattario al coinvolgimento del tecnico specializzato per supposta arroganza di trovare la soluzione fai da te in cui mi esercito da anni con lodevoli risultati, procedo con la soluzione tecnica che, visto l’effetto, ne elimina il problema. Anche con la certezza che la “mia” soluzione sarebbe stata economicamente vantaggiosa: sostituzione dei piedini originali con appoggio in plastica dura e nuovi grandi piedini industriali con appoggio in neoprene che evitino lo spostamento della “macchina viaggiante”. Spesa 24 €, tempo 15 min. Obiettivo raggiunto. Vittoria!!
Per un anno la lavatrice sta al suo posto, domata a dovere come un imbizzarrito puledro che ha accettato, obtorto collo, la sua sella. Ed io soddisfatto ma serenamente ignaro dei nefasti esiti che la mia scelta tecnica avrebbe di lì a poco determinato. Aprile 2018, ore 3:00: un botto!
In bagno si presentava una scena da Shining nel cuore della notte: lavatrice ferma (avviata all’una e trenta) cestello miseramente divelto e che guardava strabico dall’interno dell’oblò e due molle nere tristemente distese sul pavimento. Che era successo?
Molto semplice, ora che l’esito della soluzione tecnica dei piedini (che non aveva affrontato la vera causa dell’insana circolazione della lavatrice, ma solo il suo effetto), aveva dipanato chiara e lampante la vera causa radice: lo sballonzolamento del cestello (che determinava lo spostamento del resto della macchina) a causa della perdita d’efficienza delle due sospensioni che ammortizzavano cestello, contrappeso in cemento e carico. In soli 5 anni questi componenti essenziali per la sicurezza della lavatrice si erano deteriorati irrimediabilmente. La soluzione adottata, non risolvendone la causa remota, non ha fatto altro che permettere il funzionamento della macchina in condizioni di scarsa sicurezza. A causa dell’eccessivo movimento oscillatorio del cestello, le due molle agganciate alla traversa superiore in acciaio hanno letteralmente mangiato il materiale determinandone un pericoloso assottigliamento. A rottura avvenuta l’intero apparato di lavaggio è miseramente collassato.

L’insegnamento
(…)

L’articolo completo di Michele Montresor è disponibile al link sottostante.

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