Lavoro notturno, nel 2010 infortuni in crescita del 7,2%. – Stabili i casi mortali

L’ultimo numero del periodico Dati INAIL dedica un approfondimento a chi lavora quando la maggioranza della popolazione dorme. Le fasce orarie più a rischio sono quelle tra l’una e le due e tra le cinque e le sei del mattino. L’incremento più marcato tra donne (+8,6%) e stranieri (+10,6%)

Se siete lavoratori notturni, se lavorate cioè per almeno tre ore tra la mezzanotte e le sei del mattino, dovete prestare particolare attenzione nella fascia tra l’una e le due e in quella dalle cinque alle sei.

È in questo lasso di tempo, infatti, che si concentra circa la metà degli infortuni che riguardano i lavoratori della notte, e il dato resta costante negli ultimi cinque anni presi in considerazione, dal 2006 al 2010.

Questa una delle considerazioni che emergono dalla lettura dell’ultimo numero del mensile Dati INAIL, che ha dedicato un dettagliato approfondimento alle caratteristiche degli infortuni e ai fattori di rischio per chi lavora quando la maggioranza della popolazione dorme.

Sono l’8,5% degli occupati, sette su 10 turnisti. Nel 2010, secondo i dati Istat, i lavoratori notturni sono stati 1,9 milioni, l’8,5% del totale degli occupati. Le donne rappresentano il 28,6%, quota inferiore rispetto al 40,3% registrato per tutti i lavoratori. Fra gli occupati il 30% è impiegato esclusivamente in orario notturno, mentre il 70% è turnista (di questi i tre quarti hanno lavorato di notte una sola volta nel corso del mese).

Le denunce ai livelli del 2006 e 2007. Gli infortuni notturni avvenuti nel 2010 sono stati 19.565, 1.317 in più rispetto al 2009, pari a un aumento del 7,2%, in controtendenza rispetto al calo registrato nei due anni precedenti. L’incremento delle denunce ha riportato il fenomeno ai livelli del 2006 e 2007 e si spiega con la lenta ripresa delle attività notturne nel settore industriale. Aumentano anche gli infortuni femminili in orario notturno (+8,6% rispetto al 2009) e ancora più consistente è l’incremento tra i lavoratori notturni nati all’estero (+10,6%), mentre resta sostanzialmente stabile il numero dei casi mortali: circa 50 all’anno. In termini percentuali le professioni più soggette a infortunio sono proprio quelle svolte prevalentemente di notte: autisti (6,4%), infermieri e inservienti (5,2%), guardie giurate (4,8%) e operatori ecologici (4,2%). Tra i soli lavoratori stranieri, invece, le frequenze di infortunio più elevate sono tra i facchini (9,8%) e i magazzinieri (6,6%). Nel complesso, comunque, gli infortuni sul lavoro avvenuti di notte nel 2010 sono pari soltanto al 2,5% del totale.

È “antibiologico” ma il rischio è più basso. Il lavoro notturno è da tempo riconosciuto come “antibiologico” e quindi va considerato un fattore di rischio che ha delle conseguenze sulla probabilità di infortunio. Uno studio della Consulenza statistico attuariale, che ha ha misurato la sua rischiosità attraverso l’incidenza infortunistica – ovvero il rapporto tra gli infortuni denunciati e i lavoratori esposti al rischio notturno – ha rivelato però che per l’anno 2010 è stata pari al 27‰, inferiore a quella registrata per il totale dei lavoratori (34‰). Il paradosso è solo apparente. Il fattore “antibiologico”, infatti, può essere bilanciato dal fatto che molte lavorazioni con incidenza infortunistica elevata, come le costruzioni, sono svolte prevalentemente in orario diurno, mentre le attività industriali, notoriamente più pericolose, quando sono svolte a ciclo continuo, sono generalmente caratterizzate da un livello di automazione che è maggiore di notte rispetto alle ore diurne, con l’attività notturna spesso limitata al solo presidio e controllo dei macchinari.

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