Letale e implacabile, si incunea dappertutto: nella precarietà, sopra i ponteggi, in mezzo ai campi agricoli, nei cantieri, dentro le fabbriche, nelle aree contaminate, sui mezzi di trasporto. Ma è un virus pericoloso perché si insinua soprattutto nella mente di chi dovrebbe sconfiggerlo e invece resta a guardare, che siano politici incapaci o imprenditori senza scrupoli. Isolarlo si potrebbe, debellarlo pure. Il vaccino c’è già e si chiama prevenzione, basterebbe sperimentarlo ma in pochissimi lo fanno. Basterebbe seguire delle semplici e basilari regole comportamentali per non correre rischi inutili. O, ancora più semplicemente, applicare la legge. Secondo l’Inail solo in questo inizio 2020 sono aumentati del 18% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente i decessi causati da questa epidemia sociale. Per non contare tutti gli invisibili che cadono quotidianamente nell’indifferenza generale, senza fare notizia e suscitare indignazione.
Tre vittime ogni giorno altro che storie. Ma nessuno crea zone rosse, impone quarantene o ferma la serie A. Nessuno fa niente. Immobilismo totale. Non ci sono decreti urgenti, latitano i controlli sul territorio, si contano sulle dita di una mano le multe nei confronti di chi dovrebbe garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori ma se ne infischia beatamente. Avremmo bisogno della stessa indignazione e degli stessi titoloni sui giornali usati nei confronti del covid-19. Invece niente, trafiletti sulle cronache locali se va bene. Servirebbe una consapevolezza collettiva per interrompere una striscia di sangue che macchia il lavoro. Perché una semplice passata di amuchina non può disinfettare la nostra coscienza.