Legambiente pubblica “Ecoreati nel Codice penale: numeri e storie di una legge che funziona”

La legge 68/2015 sugli ecoreati sta funzionando. Nel dossier di Legambiente i dati che raccontano l’effetto positivo della riforma a due anni dalla sua approvazione.

Che cosa ha prodotto finora il provvedimento che, dal 29 maggio 2015, ha introdotto i delitti ambientali nel codice penale?

I nuovi delitti sono stati utilizzati in tutta Italia per sequestrare depuratori malfunzionanti, per fermare l’inquinamento causato da attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (il primo delitto ambientale della normativa italiana approvato nel 2001), per intervenire su situazioni di inquinamento pregresso che continua ancora oggi a causare enormi danni ambientali in assenza di bonifica o per fermare attività illegali di vario genere, dalla pesca illegale a Taranto agli scarichi industriali non trattati a Chieti fino all’estrazione abusiva di inerti dalle cave o dai fiumi.

Sono le storie e i numeri raccolti da Legambiente nel dossier “Ecoreati nel Codice penale: numeri e storie di una legge che funziona” che racconta quanto sia positivo il bilancio di questa riforma di civiltà.

Secondo i numeri elaborati da Legambiente sull’azione repressiva svolta dalle forze di polizia e dalle Capitanerie di porto, nel 2016 la legge 68/2015 ha consentito di sequestrare 133 beni per un valore di circa 15 milioni di euro e di sanzionare 574 ecoreati – più di uno e mezzo al giorno – di cui 173 hanno riguardato specificamente i nuovi delitti (30% del totale).

Entrando nello specifico dei dati sull’azione repressiva svolta nel 2016 dalle forze di polizia, sul fronte dei delitti contestati, sono 143 i casi di inquinamento ambientale, 13 quelli di disastro ambientale, 6 quelli di impedimento di controllo, 5 i delitti colposi contro l’ambiente, 3 quelli di omessa bonifica e 3 i casi di aggravanti per morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale.

La Campania è la prima regione per il numero (70) di ecoreati contestati. La Sardegna è la regione con il maggior numero di denunciati (126), mentre l’Abruzzo per il numero più alto di aziende coinvolte (16). Il maggior numero di arresti è stato compiuto in Puglia (14), il numero più alto di sequestri in Calabria (43).

Ma sono altre ancora le fonti dei dati messi a confronto nel dossier: ci sono anche i numeri sul lavoro delle Procure e dei Tribunali pubblicati dal ministero della Giustizia, le statistiche delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente e la relazione sull’attuazione della legge approvata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. E tutti testimoniano tutte l’incisività delle novità contenute nella legge.

“L’introduzione dei delitti ambientali nel codice penale è stata una grande conquista per l’Italia, oggi leader nella lotta agli ecoreati, ed è il primo anello di una catena più lunga, che va costruita con l’obiettivo di innalzare i controlli ambientali per tutelare l’ambiente, la salute e le imprese sane” dichiara il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani. “È fondamentale che siano approvate presto norme che mancano ancora all’appello per completare questa catena della legalità ambientale. A cominciare dall’approvazione definitiva delle riforma del Codice penale approvata al Senato e ora al vaglio della Camera che prevede un meccanismo di allungamento dei tempi di prescrizione dei reati ambientali contravvenzionali per arrivare con maggiore certezza a sentenza definitiva, e da una legge che semplifichi l’iter di abbattimento delle costruzioni abusive, fermando ogni tentativo di norme blocca ruspe”.

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