Secondo quanto si legge nelle motivazioni della sentenza, il giudice anche appoggiandosi alle conclusioni di una consulenza medico-legale da lui incaricata, ha ritenuto plausibile “la sussistenza del nesso causale tra l’uso del cellulare per motivi di lavoro e la patologia lamentata dal ricorrente”, ovvero, il neurinoma all’ottavo nervo cranico che determina il senso dell’udito. Dalle motivazioni è emerso che il giudice ha tenuto conto anche “dell’utilizzo di apparecchi con superiore intensità di emissioni” in commercio e uso nei primi anni – i Tacs fino al 1997, i Gsm fino al 2005, gli Umts fino al 2007.
Tali circostanze, unite alla “localizzazione della patologia” insorta all’orecchio destro confermano – secondo il giudice – come probabile “l’idoneità della esposizione al rischio a causare l’evento morboso”. Infine il giudice di Firenze ha considerato anche la classificazione IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) dei campi elettromagnetici come “possibili cancerogeni – Gruppo 2B” valutando “la maggiore probabilità di insorgenza di patologie neoplastiche tra gli utilizzatori di telefoni cellulari”.
Gli avvocati Dario Zangara e Paolo Maresca dello studio Bonafede di Firenze che hanno assistito legalmente il lavoratore hanno dichiarato: “L’utilizzo intenso e quotidiano del cellulare – commentano i legali – può portare a malattie. La questione va approfondita perché è ovvio che non può essere limitato l’uso del cellulare ma possono essere individuate delle precauzioni per eliminare ogni tipo di rischio e i cittadini devono essere informati”.