Napolitano ricorda e onora: Falcone, Borsellino e Placido Ricciotti

Il Presidente della Repubblica il 23 maggio a Palermo per ricordare e onorare la figura e il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e degli agenti della scorta. èPoi Napolitano è a Corleone dove, dopo aver consegnato la Medaglia d’Oro al Merito Civile alla memoria di Placido Rizzotto partecipa alle esequie del sindacalista ucciso dalla mafia.

Il Capo dello Stato ha inaugurato il restaurato Palazzo Branciforte, destinato a polo culturale multifunzionale della città, e visitato la mostra fotografica dell’Ansa “Falcone e Borsellino vent’anni dopo”.

Il Presidente Napolitano, al termine della cerimonia commemorativa nell’Aula Bunker, si è recato in Via D’Amelio per rendere omaggio al giudice Paolo Borsellino e nel pomeriggio, alla caserma “P. Lungaro”, ha deposto una corona di fiori alla lapide del reparto scorte.

Giovedì 24 maggio il Presidente della Repubblica, accogliendo l’invito della famiglia di Placido Rizzotto, è a Corleone dove, dopo aver consegnato la Medaglia d’Oro al Merito Civile alla memoria di Placido Rizzotto alla sorella Giuseppa, partecipa nella Chiesa Matrice San Martino alle esequie del sindacalista ucciso dalla mafia che avranno – sulla base della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 16 marzo scorso – carattere solenne.

Il Capo dello Stato si reca quindi a Portella della Ginestra per ricordare, dinanzi al memoriale a loro dedicato, i lavoratori vittime della strage del 1° maggio 1947.

“I giovani scendano in campo per rinnovare la politica e la società nel segno della legalità e della trasparenza”
“Siamo in quest’aula ancora una volta nella ricorrenza del 23 maggio per ricordare e onorare la figura e il sacrificio di Giovanni Falcone, per dedicare alla sua memoria, alla memoria di Francesca Morvillo, di Paolo Borsellino e di tutti i caduti di quelle giornate, un rinnovato, corale giuramento d’impegno civile”. Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha iniziato nell’Aula Bunker di Palermo il suo discorso nel ventesimo anniversario della strage di Capaci.

Un anniversario “speciale – ha detto il Capo dello Stato – non solo perché sono trascorsi vent’anni e il lungo tempo che ci separa dalle stragi di Capaci e di via d’Amelio ci consente bilanci e riflessioni di fondo sulla lotta contro la mafia, sull’impegno per la legalità e per la sicurezza”, ma anche “perché gli orribili fatti della vigilia, la barbara sanguinosa aggressione alle ragazze della scuola di Brindisi, e ancor più tutto quello che sta accadendo in Italia, la situazione generale del nostro paese, rendono importante, anzi prezioso, il richiamo all’esperienza di quel tragico maggio-luglio 1992, di quel drammatico biennio 1992-93; rendono prezioso il richiamo all’insegnamento e all’esempio di Giovanni Falcone”.

“La mafia, Cosa Nostra e le altre espressioni della criminalità organizzata – che tante vittime hanno mietuto nei decenni tra magistrati, servitori dello Stato e appartenenti alla società civile, ai quali rendo commosso omaggio, e lo farò anche a Corleone e a Portella della Ginestra – rimangono – ancora un problema grave della società italiana, e dunque della democrazia italiana. Dobbiamo perciò, noi tutti, proseguire con la più grande determinazione e tenacia sulla strada segnata con il loro sacrificio da Giovanni Falcone e da Paolo Borsellino.

Se le stragi in cui essi caddero massacrati insieme a uomini e donne delle loro scorte, segnarono il culmine dell’attacco frontale allo Stato, ai suoi rappresentanti più temibili nello scontro diretto e quotidiano con il crimine organizzato, e se gli attentati della primavera del 1993, e il loro torbido sfondo, si esaurirono in se stessi, la mafia seppe darsi altre strategie, meno clamorose ma non meno insidiose.

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