La Suprema Corte, con la sentenza del 2 agosto 2007 n. 31669, si è occupata del tema dell’elemento soggettivo nel reato di omissione d’atti d’ufficio previsto dall’articolo 328, comma 2, c.p.
La Cassazione Civile, Sezione Sesta, con la sentenza del 2 agosto 2007 n. 31669, si è occupata del tema dell’elemento soggettivo nel reato di omissione d’atti d’ufficio previsto dall’articolo 328, comma 2, c.p., norma di seguito riportata:
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.
La Suprema Corte ha precisato che, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, è richiesta la prova della consapevolezza del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio di avere ingiustificatamente omesso di dare risposta all’intimazione del privato.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.
La Suprema Corte ha precisato che, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, è richiesta la prova della consapevolezza del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio di avere ingiustificatamente omesso di dare risposta all’intimazione del privato.
AG
Fonte: Cassazione Civile