Il Rapporto dell’Unesco sullo sviluppo idrico globale “Nessuno sia lasciato indietro”, pubblicato in vista della Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo, evidenzia il ritardo accumulato in tutto il mondo nel garantire alle persone il diritto all’acqua. “L’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari è un diritto umano internazionalmente riconosciuto. Eppure più di due miliardi di persone non hanno nemmeno il servizio più elementare” denuncia l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura.
Sono diritti che obbligano gli stati a lavorare per ottenere l’accesso universale all’acqua e ai servizi igienico-sanitari per tutti e senza discriminazioni, ribaditi anche dagli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. “Eppure, nonostante i significativi progressi compiuti negli ultimi 15 anni, questo obiettivo è irraggiungibile per gran parte della popolazione mondiale – denuncia l’Unesco – Nel 2015, tre persone su dieci (2,1 miliardi) non hanno avuto accesso all’acqua potabile e 4,5 miliardi di persone, o sei su dieci, non hanno avuto strutture sanitarie gestite in sicurezza. Il mondo è ancora fuori strada nel raggiungimento di questo importante obiettivo”.
Ci sono le disuguaglianze regionali e quelle interne ai singoli paesi. Su scala mondiale, la metà della persone che beve acqua da fonti non sicure vive in Africa. In Africa sub-sahariana, solo il 24% della popolazione ha accesso all’acqua potabile e solo il 28% dispone di servizi igienici di base non condivisi con altre famiglie. Ci sono poi le differenze fra ricchi e poveri, che in contesti urbanizzati rendono più costoso l’accesso all’acqua delle persone indigenti rispetto a chi ha più disponibilità economiche.
Il diritto all’acqua non può essere separato dagli altri diritti umani: chi è emarginato o discriminato a causa di genere, età, status socio-economico, identità etnica, religiosa o linguistica ha più probabilità di avere un accesso limitato all’acqua e a strutture igienico-sanitarie adeguate.
I rifugiati, prosegue l’Unesco, sono particolarmente vulnerabili. Sfollati interni e rifugiati devono affrontare gravi ostacoli per accedere all’acqua e ai servizi igienico-sanitari e il loro numero è più alto che mai. “Nel 2017, i conflitti e le persecuzioni hanno costretto 68,5 milioni di persone a fuggire dalle loro case. Inoltre, una media annua di 25,3 milioni di persone è costretta a migrare a causa di disastri naturali, il doppio rispetto agli inizi degli anni ’70 – un numero che dovrebbe aumentare ulteriormente a causa dei cambiamenti climatici” denuncia ancora l’Unesco.
C’è un aumento della pressione idrica globale e della richiesta di acqua, e un aumento significativo dei conflitti legati all’acqua. In tutto il mondo il tasso di uso dell’acqua è aumentato di circa l’1% l’anno, a partire dagli anni Ottanta, per una serie di fattori che mettono insieme crescita della popolazione, sviluppo socioeconomico, modelli di consumo. La domanda globale di acqua continuerà a crescere ad un tasso simile fino al 2050, superando di circa il 20-30% i livelli di utilizzo attuali, soprattutto per la crescente domanda a livello industriale e domestico. E aumentano i conflitti legati all’acqua: dai 94 del periodo 2000-2009 si è passati ai 263 dal 2010 al 2018.