Presentato nell’ambito di BookCity Milano il volume “Alberi straordinari d’Italia”

Un libro dedicato agli alberi più antichi d’Italia che analizzando il passato cerca risposte per il futuro. Stefano Mancuso, biologo vegetale di fama mondiale offre un’opportunità per riflettere sulla natura e sulle strategie evolutive dei campioni di longevità.

Nell’ambito dell’evento BookCity a Milano si è tenuto l’incontro “Quelle meraviglie che si chiamano alberi” che ha posto l’attenzione sulla popolazione vegetale più longeva d’Italia dove, da nord a sud, vivono alberi ultrasecolari testimoni di cambiamenti storici e ambientali.

Un appuntamento con Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale di fama mondiale curatore de La Nazione delle piante, sui più antichi e illustri alberi raccontati nel volume fotografico “Alberi straordinari d’Italia” a cura dell’Associazione Patriarchi della Natura in Italia, edito da Pearson, con il sostegno di Fondazione Bracco.

Di fronte all’emergenza ambientale che minaccia il futuro del nostro pianeta, è diventato cruciale riconoscere e comprendere impatto e ricchezza delle altre forme di vita, prima di tutto le piante, da cui dipende la sopravvivenza dell’essere umano. Il volume “Alberi straordinari d’Italia” condensa trent’anni di ricerche dell’Associazione Patriarchi della Natura in Italia che hanno portato al censimento di circa 13.000 alberi secolari, plurisecolari, millenari. L’obiettivo è la tutela del patrimonio ambientale e culturale del territorio attraverso una chiave di lettura originale, i patriarchi arborei, quali testimoni dello stato di salute del pianeta, della conservazione della biodiversità, della bellezza del paesaggio e della valorizzazione della civiltà rurale italiana.

Nelle prime pagine del libro Sergio Guidi e Andrea Gulminelli illustrano gli alberi monumentali; Vittorio Emiliani racconta “Il paesaggio agrario italiano” con una sintesi su mito e storia degli alberi dal periodo arcaico ai giorni nostri.
Sempre Guidi affronta il tema della “Archeobotanica, Etnobotanica e geografia botanica” e illustra il suo saggio “Le piante del passato per il nostro futuro” in cui descrive la riuscita sperimentazione di numerosi giardini (Milano al museo botanico, Bologna, Reggio Emilia, Cesenatico, Ferrara, Fico Bologna, Venafro, Roma a Villa dei Quintili) creati coi gemelli dei patriarchi, piante decisamente rustiche dimostratesi quanto mai resistenti alle patologie e ai mutamenti climatici.

Infine, Domenico Plauto Battaglia tratta un tema singolare, il rapporto degli alberi con la luce. Successivamente, si susseguono, per gruppo di Regioni, schede di patriarchi, illustrate da splendide fotografie: dalla magnifica Roverella di Molino Rotato in Liguria al bel Tiglio aostano di Sant’Orso, al Castagno piemontese di Bioglio per passare al sontuoso Loto di Maleo, in Lombardia, al millenario Castagno detto di Annibale al Brallo nell’Oltrepò pavese, al Platano dei Cento Bersaglieri di Caprino Veronese, al monumentale Cipresso di San Francesco a Verucchio in Romagna, al plurisecolare Noce dei Trocchi in Umbria, all’imponente Ulivò di Palombara Sabina, all’immenso Albero di Giuda sul Palatino, all’altro olivo storico (800 anni) di Venafro in Molise, alla bicentenaria vite di Taurasi nell’Avellinese, al Mandorlo pugliese di Coppa Cicuta, ai singolarissimi Pini Loricati di Serra Crispo in Basilicata, al Platano gigantesco di Sant’Elia a Curinga (Catanzaro), al mitico Castagno dei 100 cavalli nel catanese, al più antico di tutti, l’Olivastro di Luras, presso Tempio Pausania, detto S’Ozzastru, di quasi 4000 anni.

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