Nell’ambito del percorso formativo in materia di prevenzione delle molestie anche sessuali nei luoghi di lavoro, svolto tra marzo 2021 e luglio 2022, CGIL Piemonte e CGIL Umbria hanno prodotto il documento “Appunti e suggerimenti (non esaustivi) per la contrattazione di II livello in materia di PREVENZIONE DELLE VIOLENZE E DELLE MOLESTIE ANCHE SESSUALI NEI LUOGHI DI LAVORO”.
Appunti e suggerimenti (non esaustivi) per la contrattazione di II livello in materia di
PREVENZIONE DELLE VIOLENZE E DELLE MOLESTIE ANCHE SESSUALI NEI LUOGHI DI LAVORO
CGIL Piemonte – CGIL Umbria
PREFAZIONE
di Raffaele Guariniello
Il mondo del lavoro si prospetta ormai come un mondo su cui gravano anche nuovi rischi come le molestie e la violenza anche di natura sessuale. Ma in proposito la nostra legislazione e la nostra giurisprudenza patiscono alcune fragilità destinate a ripercuotersi negativamente sull’efficacia degli interventi a favore delle lavoratrici e dei lavoratori.
Una in particolare: in Italia, la storia del reato di mobbing è molto diversa da quella vissuta in altri Paesi europei.
Esemplare è il caso della Francia dove il reato di mobbing è espressamente previsto dal codice penale nell’art. 222-33-2 – più volte ritoccato – che da anni punisce l’harcèlement moral e, in particolare, il fatto di molestare altri mediante condotte ripetute aventi per oggetto o per effetto una degradazione delle condizioni di lavoro atte a ledere i suoi diritti e la sua dignità, ad alterarne la salute fisica o mentale o a comprometterne il futuro professionale.
In Italia, la storia del reato di mobbing è una storia giurisprudenziale che, a differenza di quella francese, non è alimentata da un’apposita, specifica norma.
Più proposte di legge mirano a introdurre il reato di mobbing, inserendo nel codice penale un apposito art. 612-ter. Solo che l’intento è quello di punire il datore di lavoro, il dirigente o il lavoratore che nel luogo o nell’ambito di lavoro, con condotte reiterate, compie atti, omissioni o comportamenti di vessazione o di persecuzione psicologica tali da compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore. Dove si affaccia un concetto di molestia che, in linea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, non include le condotte vessatorie tenute in un’unica occasione, né le condotte che, pur non prefiggendosi “un danno fisico, psicologico, sessuale o economico”, lo causino o lo possano comportare.
E ciò in contrasto a tutt’oggi non segnalato con le indicazioni date dall’OIL nella Convenzione del 21 giugno 2019 n. 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, pur resa esecutiva in Italia con la legge 15 gennaio 2021 n. 4, che all’art. 1, paragrafo 1, lettera a) fornisce una definizione di “violenza e molestie” nel mondo del lavoro ben più ampia: “un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico”, ivi incluse “la violenza e le molestie di genere”.
Le illuminanti pagine qui presentate hanno il merito di farci comprendere che è il momento di passare ovunque dalle parole ai fatti.
E a maggior ragione inducono a chiedere al Governo e al Parlamento l’introduzione di un reato di mobbing effettivamente e integralmente in linea con le esigenze di tutela delle vittime.
Fonte: CGIL