“Spero che vengano ammessi più operai possibili – afferma Rosina Platì, la mamma di Giuseppe Demasi, morto nel rogo – perché la fabbrica era tutta rischiosa.
E’ toccato ai nostri figli ma poteva toccare a tutti”
“La richiesta di escludere i lavoratori della Thyssenkrupp dall’elenco delle parti civili mi sembra assurda”: lo ha detto Antonio Boccuzzi, sopravvissuto all’incendio del 6 dicembre 2007 e ora parlamentare del Pd, alla fine dell’udienza di oggi del processo, in corso a Torino, contro sei dirigenti della multinazionale.
“Molti di quei ragazzi – ha continuato, citando in particolare i colleghi Barbetta e Pignalosa – sono stati i primi ad accorrere quando li ho chiamati quella notte”.
Quanto all’eccezione di nullità del capo d’accusa preannunciata dalla difesa, il parlamentare ha affermato che “ha l’aspetto di un modo per prendere tempo”.
Gli avvocati della multinazionale intendono contestare la mancata traduzione in tedesco di alcuni atti dell’indagine, ma Boccuzzi rileva che l’amministratore delegato, Harald Espenhanh, ora imputato di omicidio volontario, “conosceva benissimo l’italiano, tanto che, con lui, parlavamo abitualmente anche di questioni tecniche piuttosto complicate”.
“Io ho lavorato in quella fabbrica fino all’ottobre del 2007 e voglio documentare l’anarchia che era diventata negli ultimi anni”: così Salvatore Abisso, ex operaio della Thyssen krupp e compagno della madre di una delle vittime, Roberto Scola, ha commentato la richiesta degli avvocati difensori di estrometterlo dal novero delle parti civili al processo in Corte d’Assise.
“Non miro – ha aggiunto – a risarcimenti economici, ma a far sapere la verità”.
Tra i familiari delle vittime non manca il malumore nei confronti di alcuni giornalisti per certi articoli sul processo comparsi nelle ultime settimane. Il papà di Demasi, Carmelo, ha protestato: “Hanno scritto che eravamo in ghingheri e impellicciati, che le signore si sono presentate al processo fresche di parrucchiere e con i capelli ossigenati.
Ma come si permettono?
Non hanno idea del dolore che ci portiamo dentro ogni notte”. Per Ciro Argentino, sindacalista, un articolo, che conteneva un’intervista ai giudici popolari, ha “rischiato persino di far saltare il processo”.
(ANSA) – PaRa)