Protezione Civile, il problema della comunicazione di temi complessi come i fenomeni meteorologici e i cambiamenti climatici

L’articolo “Comunicare la complessità: una sfida persa in partenza o esiste una terza via?” di Carlo Cacciamani, già dirigente del Servizio meteorologico di Arpae Emilia-Romagna ed ora al Dipartimento nazionale della Protezione Civile, pone l’attenzione sulla comunicazione di temi complessi come i fenomeni meteorologici e i cambiamenti climatici.

In un intervento su Il Giornale della Protezione Civile, Carlo Cacciamani, già dirigente del Servizio meteorologico di Arpae Emilia-Romagna, ed ora al Dipartimento nazionale della Protezione Civile, si pone il problema della comunicazione in relazione a temi complessi come i fenomeni meteorologici e i cambiamenti climatici.

L’articolo prende le mosse dalla notizia che una gran parte degli italiani, addirittura il 47%, si trova (secondo l’Human Development Report) in uno stato di “analfabetismo funzionale“, cioè in uno stato per cui, pur sapendo leggere e scrivere, non riescano a comprendere quello che leggono, pur riuscendo a leggerne le parole.

A “causa” di questa realtà fattuale, o magari anche per “effetto” di essa, quello che si osserva oggi è che il livello della comunicazione delle “cose” avviene in modalità sempre più superficiale, più rapida, attraverso linguaggi via via sempre più impoveriti, pieni di slogan spesso privi di contenuti. Le tecnologie di comunicazione moderne, pensiamo ad esempio a twitter” hanno certamente un po’ favorito, paradossalmente si potrebbe anche dire, ad aumentare il problema, permettendo di trasferire in tempo quasi zero praticamente ogni bizzarria si voglia trasferire. Si, perché hanno fatto crescere la consapevolezza, a mio avviso errata, che il “succo” delle cose possa sempre comunque stare in 240 caratteri, che possono essere letti in un baleno e fuggire dal cervello con rapidità pari a come vi sono entrati, anche se, magari, hanno la pretesa di sintetizzare contenuti complessi, che richiederebbero colonne di giornale, se non addirittura pagine e pagine di libro, per essere trasferiti come si deve.

E’ vero che, si, certamente questi messaggini, o tweet che dir si voglia, rimandano spesso a testi più lunghi e complessi, ma è anche altrettanto vero che il più delle volte quei testi più lunghi e complessi non vengono letti. Oppure, se vengono letti, magari non sono compresi e quindi rimane solo la “cornice” dell’informazione, la patina esterna. Il contenuto, la sostanza che quel messaggino richiamava, si è persa nei meandri, magari solo della fretta. E’ infatti certamente vero che nella società iper-veloce di oggi non ci sia spesso più il tempo per l’approfondimento, o anche la voglia per meditare su un testo e capire cosa ci può essere dietro quelle parole, più in profondità. Talvolta la fretta è un buon alibi per nascondere una incapacità a capire. Una cosa fa presto ad apparire noiosa, quando non la si capisce.

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