La decisione, presa a Londra dove erano riuniti i 170 paesi aderenti all’Organizzazione, è arrivata dopo due settimane di negoziati e ha visto nettamente contrari Stati Uniti, Brasile, Arabia Saudita e Panama. Il delegato statunitense ha affermato che è “prematuro stabilire un obiettivo di riduzione”. L’intesa che interessa ogni tipo di nave, dalle navi oceaniche alle petroliere fino ai portacontainer, prevede anche che tutte parti coinvolte si impegnino al massimo per andare oltre e, se possibile, arrivare a eliminare del tutto le emissioni entro la stessa data. Per raggiungere gli obiettivi ci sarà bisogno di alti livelli di innovazione tecnologica nel trasporto marittimo e l’introduzione di biocarburanti e/o fonti di energia alternative. La strategia approvata fa riferimento all’accordo di Parigi sottolineando che deve seguire “un percorso di riduzione delle emissioni di CO2 coerente con gli obiettivi di aumento della temperatura previsti dell’accordo”.
Il trasporto marittimo negli ultimi anni è stato responsabile di un totale di emissioni di anidride carbonica pari a circa 800 milioni di tonnellate l’ anno (2-3% delle emissioni globali). Il testo approvato però, secondo molti analisti, non è sufficiente. Un’ analisi compiuta dall’International Council on Clean Transportation sottolinea che, per essere coerenti con l’accordo di Parigi, il trasporto marittimo non dovrebbe emettere più di 17 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti da qui al 2075, mentre l’accordo attuale implica emissioni tra 28 e 43 miliardi di tonnellate (senza nessuna azione le emissioni sarebbero pari a 101 miliardi di tonnellate al 2075). E’ vero, ha detto Kitack Lim, segretario generale dell’IMO, “il testo potrebbe non essere soddisfacente per tutti, ma invia un segnale forte all’industria del settore”. Ora una priorità dell’IMO dovrebbe essere lo sviluppo e l’attuazione di misure a breve termine che possano ridurre le emissioni anche prima del 2023, la data fissata per una verifica e revisione della strategia di riduzione.