Rapporto congiunturale IRES – CGIL 2006

Nei giorni scorsi è stato presentato a Roma il Rapporto congiunturale IRES – CGIL, la cui ricerca è stata curata da Eduardo Aldo Carra, dal quale emerge, fra le altre cose, che lavoratori e pensionati pagano più tasse, che l’economia è ferma, che l’industria è in declino e che negli ultimi cinque anni si sono persi 177 mila occupati.

Non sono certamente confortanti o dati che emergono dall’ultimo Rapporto congiunturale IRES – CGIL presentato a Roma, il 6 febbraio scorso, da Agostino Megale, Marigia Maulucci e Beniamino Lapadula e curato da Eduardo Aldo Carra il cui testo integrale riportiamo nel link.
Dal Rapporto si rileva, fra le altre cose, che tra il 2000 e il 2004 operai e impiegati hanno visto diminuire il loro reddito, a fronte di un aumento, anche consistente, tra dirigenti, imprenditori e altri autonomi. Infatti, lavoratori e pensionati pagano più tasse, negli ultimi tre anni sono andati perduti 177 mila posti di lavoro e l’economia è ferma.
Dopo aver esaminato l’andamento dell’economia mondiale, il Rapporto ci dice che l’economia italiana continua nella sua lunga fase di stagnazione. Al panorama negativo degli ultimi cinque anni si aggiungono le previsioni non certo incoraggianti per i prossimi anni.Secondo gli economisti dell’IRES il PIL nel 2006 si fermerà ad un +0,5% (il Tesoro stima l’1,5%). Nessuna ripresa in vista, per di più con prezzi energetici in aumento. Ciò significa che l’emorragia di posti di lavoro continuerà, che i lavoratori dovranno sopportare ancora gli effetti della crisi, che le famiglie pagheranno bollette più care. Almeno che non si avvii una poderosa politica dei redditi che modifichi la redistribuzione innescata dal centro-destra.
La vera malata è l’industria. Senza un rafforzamento della produzione industriale l’Italia rischia il declino. Alcuni settori sono al tracollo, mentre altri segnalano pingui profitti (energia, siderurgia, chimica e elettronica e servizi pubblici) grazie soprattutto al posizionamento in settori protetti dalla concorrenza. La ripresa che non c’è fa saltare i conti pubblici: il deficit del 2006 è visto a quota 5%, il debito pubblico al 110%.
In questa stagnazione economica qualcosa è successo – spiega Carra. Il reddito si è ridistribuito, in modo molto polarizzato: va benissimo per alcuni, malissimo per altri. I lavoratori dipendenti hanno aumentato redditi, consumi e ricchezza complessiva tra il 5% e il 10% dal 2000 al 2004. Per altri (dirigenti, professionisti e autonomi) l’aumento ha toccato in alcuni casi anche il 50%. Ma se si considera il dato depurato dall’inflazione, i redditi di operai e impiegati risultano addirittura in diminuzione.Quanto all’occupazione, tra il 2002 e il 2005, l’Istat registra un aumento di 465mila unità.Ma le regolarizzazioni degli immigrati sono state 642mila. Il saldo è negativo,quindi, per 1177 mila unità.
Il reddito delle famiglie – si legge ancora nel Rapporto – è stato salvaguardato solo dai rinnovi contrattuali voluti dal sindacato, denunciando l’assenza di una politica dei redditi.In effetti la politica fiscale governativa ha avuto effetti pesantissimi sulle famiglie (11,665 miliardi) e sulle imprese (oltre 40 miliardi).I calcoli considerano gli interventi attuati nel corso della legislatura, l’effetto dei condoni fiscali, per le famiglie la mancata restituzione del fiscal drag (9,1 miliardi) e per le imprese anche l’impatto dei provvedimenti su banche e assicurazioni (12,7 miliardi).

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