Rapporto ISTAT-La situazione del Paese nel 2005

L’ISTAT ha presentato la 14° edizione del Rapporto annuale sulla situazione del paese, il principale strumento di analisi sugli aspetti economici, demografici e sociali dal quale risulta, per il 2005, un Paese dove sono cresciute le disuguaglianze, dove i ricchi sono divenuti sempre più ricchi e dove , conseguentemente, i poveri sono aumentati. Secondo ISTAT sono 1,5% milioni gli italiani che vivono in contesti disagiati e con un reddito di 780 euro.

Un’Italia povera con troppo ingiustizie. Questo è quanto emerge dal 14° Rapporto annuale dell’ISTAT sulla situazione dl Paese nel 2005, presentato il 24 maggio scorso dal Presidente Luigi Buggeri a Montecitorio alla presenza del Presidente della Camera, Fausto Bertinotti.
Organizzato in sei capitoli e arricchito da tavole statistiche a approfondimenti il volume si concentra sull’analisi della congiuntura economica recente e sulle dinamiche del sistema produttivo e del mercato del lavoro. Esamina l’impatto che questi fattori generano sulle condizioni di vita delle famiglie e illustra l’offerta di servizi sociali a livello territoriale . La pubblicazione di 457 pagine descrive inoltre la capacità del sistema del sistema delle imprese, delle famiglie e delle istituzioni italiane dio gestire le conseguenze dei cambiamenti legati alla crescita dell’in dipendenza economica e finanziaria a livello mondiale e di cogliere le opportunità di miglioramento della situazione economico-sociale che ne derivano.
La pubblicazione è corredata da una sintesi dei più significativi risultati e da un’appendice di tavole statistiche con indicatori economici e sociali.
Ma ciò che emerge da questo Rapporto sulla situazione del Paese nel 2005 è che le disuguaglianze sono maggiori di quelle di gran parte dei Paesi europei, anche se inferiori a Stati Uniti e Gran Bretagna. Da noi il 20% delle famiglie più ricche detiene il 40% del reddito totale. Nel resto c’è un ceto medio sempre più in difficoltà con ben 1,5 milioni di famiglie che non superano i 780 euro al mese e oltre l’11% di famiglie povere. Su questo pesa un grado di mobilità molto basso: la classe di origine influisce in misura rilevante.Come dire: chi nasce povero è assai probabile che resterà povero..
Il gap tra “fortunati” ed esclusi è talmente forte che qualsiasi strumento generalizzato rischia di fare più male che bene. Vale per le scelte di politica economica: per esempio il taglio del cuneo fiscale che premierebbe sia aziende protette da monopoli che i coraggiosi esposti al mercato globale. E non solo: magari avvantaggerebbe lavoratori già avvantaggiati rispetto ad altri. Stesso dicasi per le politiche sociali (accesso al lavoro e lotta alla precarietà) e dell’istruzione: se ci sono profonde differenze anche le misure devono essere diversificate. Insomma, in Paese frammentato in cui le eccellenze (che non mancano, soprattutto tra le aziende medio-grandi) stanno accanto ad una miriade, spesso vischiosa, di vulnerabilità. Le disuguaglianze si allargano ai tempi di lavoro, ad opportunità scolastiche, a servizi sociali, e separano gruppi di popolazione, generazioni e generi (giovani, vecchi,uomini-donne)ma anche regioni fisiche del Paese: il Mezzogiorno rtesta (troppo) indietro rispetto al resto quanto ad occupazione ed a opportunità.
Ma la vera novità del Rapporto sul 2005 è l’indagine sui redditi, fornita con tanto dettaglio. Il valore medio è pari a 2070 euro al mese per le famiglie residenti, che sale a 5mila se se considera il reddito aggiuntivo dei proprietari che non pagano l’affitto. Il reddito complessivo è composto per oltre il 43% da lavoro dipendente e per un terzo (32,9%) da trasferimenti pubblici, in gran parte pensioni.

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